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L'affondo di Boccia: "Ripresa non c'è, serve piano shock per far ripartire economia"

L'allarme del numero uno di Confindustria: "bisogna intervenire al più presto, senza creare altro deficit, prima delle Europee". Stoccata al Governo: "Ostile all'industria"

Economia, Politica
L'affondo di Boccia: "Ripresa non c'è, serve piano shock per far ripartire economia"
(Teleborsa) - Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria, scende ancora una volta in campo per dire la sua sulle politiche del Governo gialloverde, verso le quali mostra da sempre più di qualche perplessità, avanzata nei mesi scorsi e ribadita in queste ore con ancora maggiore fermezza.

Un "piano shock" per far ripartire l’economia. Vincenzo Boccia, il numero uno di Viale dell'Astronomia, propone di aprire subito i cantieri delle opere già finanziate. "Il che — spiega in una intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica — non avrebbe alcun impatto sul deficit pubblico e creerebbe centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro".

"Siamo un Paese che - prosegue Boccia - nonostante sia la seconda manifattura d’Europa e debba vedersela con Paesi come Cina, Usa e Germania che puntano sull’industria ancora dibatte ed è ostile all’industria".

Si tratta, ha aggiunto, di “un vero paradosso per un Paese che spesso perde di vista i suoi fondamentali economici: esportiamo 550 miliardi di euro di cui 450 grazie all’industria e questo significa attrarre ricchezza nel Paese e per il Paese”.

Il Governo, intanto, ha annunciato più volte una ripresa nella seconda parte dell’anno per effetto dei provvedimenti varati con la legge di Bilancio a partire dal reddito di cittadinanza. Ma Boccia, anche qui, mostra scetticismo e non sembra affatto essere dello stesso avviso: "Noi non la vediamo la ripresa. Le nostre imprese associate ci dicono che anche a gennaio si avvertono cali di fatturato e l’eventuale effetto sulla domanda interna auspicato dal Governo non basterà a contenere il rallentamento dell’economia".

INCOMPRENSIBILE RINUNCIARE A TAV - Non manca ovviamente il passaggio sulla Torino-Lione che tiene banco ormai da mesi. "Siamo stati tra i primi a manifestare il 3 dicembre a Torino con altre undici categorie. Rinunciare a un’opera come la Tav, rinunciare a una parte finanziata dall’Europa, rinunciare all’occupazione che a regime generebbero i cantieri — secondo uno studio della Bocconi darebbero lavoro a 50.000 persone — in questo momento storico della vita economica dell’Italia e dell’Europa è davvero incomprensibile", conclude.
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