(Teleborsa) -
Strada complessa, irta di insidie e in ogni caso sempre in salita per la "Nuova Alitalia". Gli americani di Delta, pur senza troppa convinzione, disposti a entrare nella compagine con il 10%. Certo non con quanto era nelle aspettative e previsioni. Ma quanto basterebbe a
soddisfare i "paletti" posti dal Gruppo Ferrovie dello Stato alla partecipazione del salvataggio Alitalia: la condizione della presenza di Delta Air Lines, tra le primissime compagnie aeree del mondo, quale partner industriale.
La stessa percentuale di capitale che l
a compagnia di Atlanta detiene in Air France-KLM. In ogni caso, con l'impegno a salire al 20% in quattro anni. Come dire, "staremo a vedere". Di fatto, un "modus operandi" caro a Delta" che, oltretutto ha prodotto buoni risultati. Con "i piccoli passi" e lo "staremo a vedere",
l'iniziale capitale del 19% investito in Aeromexico, in quattro anni il coinvolgimento nell'aerolinea messicana è salito a ben il 49%. Un successo.
La situazione Alitalia si presenta, a dire il vero, sensibilmente diversa. Numerosi gli "attori",
con per di più anche protagonisti abituati a esibirsi su palcoscenici che nulla o poco hanno a che vedere col mondo dell'aviazione. E con alcuni dei quali "quasi"tirati per la giacchetta. Nonostante i buoni risultati che la nostra ex compagnia di bandiera sta macinando oramai con continuità da parecchi mesi a questa parte,
soprattutto nei collegamenti a lungo raggio. Molto apprezzati dai passeggeri di tutto il mondo, per comodità, affidabilità e qualità del servizio, con una "cucina di bordo" assolutamente invidiabile.
Da tener presente, inoltre,
che tra non molto, esordirà dopo molti lustri di assenza il volo non stop Roma-Washington, filo diretto tra le capitali d'Italia e degli Stati Uniti d'America. E per la prima volta, dal 1 aprile, Alitalia sbarcherà in pompa magna sullo scalo sardo di Olbia, porta d'accesso della Costa Smeralda, con una
più che nutrita schiera di voli da Roma e dai due aeroporti di Milano, sia Linate che Malpensa.
Tornando ai partecipanti l'operazione Alitalia, non figura a questo punto easyJet, la "muscolosa" low cost britannica che in molti si chiedevano del perché dovesse far parte della cordata,
visti i propri troppo differenti interessi, per non dire di aperta competizione con la compagnia italiana, da quelli necessari a rendere efficace una rinascita fortemente difficoltosa.
Delta a parte, tutto sembrerebbe
dover tornare in mano pubblica, con le Ferrovie dello Stato che dovranno "salire di quota", ovvero raggiungere il 40% del capitale in luogo di quel 30% inizialmente ipotizzato. Proprio per compensare il portafoglio "americano" che sembrerebbe proprio rimanere, almeno per il momento, chiuso a metà.
Il resto del capitale della nuova Alitalia,
ovvero il rimanente 50% non coperto dall'accoppiata Delta-FS, dovrebbe vedere il 15% nelle casse del Tesoro, mediante la conversione di un prestito ponte; Fincantieri che dovrebbe accollarsi un 10-15%; con un restante 20% circa che il Governo, con ulteriore operazione "spezzatino", dovrà cercare di coinvolgere altri partner in un modo o nell'altro legati allo Stato. Primo indiziato Leonardo.
Ma "spezzatino" finale a parte,
la partita Delta-Ferrovie dello Stato non può dirsi ancora terminata con successo. Rimangono aperte diverse importanti questioni, a partire dalla "governance" dell'azienda. E la definizione del piano industriale, che i "bene informati" indicano a buon punto e senza troppi problemi,
non può considerarsi oggi conclusa.