(Teleborsa) -
Meno di 10 giorni alla data ufficiale del
Leave, fissata al 29 marzo e la
Brexit è un groviglio sempre più difficile da sbrogliare con
Londra che continua ad
incartarsi pericolosamente su
se stessa senza trovare la
via d'uscita. Theresa May continua a ballare sui
carboni ardenti, alle prese tra divisioni interne nel governo e in Parlamento e scenari catastrofici ma sempre più concreti da
"crisi costituzionale" innescati dallo scontro sul terzo voto bloccato dallo speaker della Camera
John Bercow, che ha vietato al Governo di riproporre per la terza volta il medesimo accordo già bocciato due volte, pur con alcune variazioni semantiche che però non cambiano la realtà dei fatti, facendo riferimento a numerosi precedenti citando un caso addirittura al lontano
1604 e un regolamento parlamentare del 1844.MAY SCRIVE A TUSK PER CHIEDERE RINVIO - Intanto la Premier, ormai all'angolo da un bel pezzo,ha chiesto
all'Unione Europea, in una lettera indirizzata al Presidente
Donald Tusk un rinvio della Brexit, ma per quanto tempo resta ancora un
mistero. La riunione di Governo che doveva sciogliere i nodi ha finito per crearne degli altri sfociando in uno scontro ormai apertissimo tra Ministro pro-Brexit e anti.
BRUXELLES CHIAMA, LONDRA NON RISPONDE - Da
Bruxelles intanto il Capo negoziatore
Michel Barnier incalza:
"Il Regno Unito deve dirci velocemente cosa vuole fare", ricordando che il via libera del Consiglio europeo di giovedì e venerdì dovrà essere all'unanimità.
L'opzione più caldeggiata, ovviamente, resta quella di uno
slittamento tecnico "breve", fino al 30 giugno e senza partecipazione britannica alle prossime euro-elezioni.
Un rinvio a più lungo termine, scenario che si vorrebbe evitare, invece, dovrebbe essere ancorata a una strategia completamente nuova su cui stenta a vedersi un consenso tanto nel governo quanto da parte di un fronte alternativo trasversale sufficiente alla Camera.
In altre parole,
il più classico cul-de-sac. Una situazione che fa temere all'Europa l'epilogo non voluto, ma potenzialmente automatico, del divorzio senz'accordo. Al via dunque le
grandi manovre - governo Conte compreso, con l'annuncio per mercoledì di un decreto su misure di emergenza ad hoc - per limitare i danni di un'uscita No Deal.
Al momento tutto è ancora possibile: un'altra
Brexit, come quella più soft con permanenza nell'unione doganale su cui il leader laburista Jeremy
Corbyn prova a far convergere quanto meno gli altri partiti di opposizione, senza grandi risultato al momento; un secondo referendum, che il popolo pro Remain tornerà a invocare in piazza a
Londra sabato 23 marzo; si fa strada anche la crisi di governo con elezioni anticipate che al momento sembra lo scenario più diretto, qualora la
May dovesse alzare bandiera bianca.