(Teleborsa) - E' cosa nota che le
piccole e medie imprese di fatto costituiscono la
colonna vertebrale della
struttura economica del nostro Paese. Per questo il loro
stato di salute è un
indicatore da tenere in
strettissima considerazione. A scattare la fotografia ci ha pensato il quinto rapporto sulle Pmi del Sud curato da Confindustria e Cerved con la collaborazione di Srm (Studi e ricerche per il Mezzogiorno), che restituisce un
quadro in chiaroscuro delle quasi 30mila piccole e medie aziende di capitali meridionali comprese tra 10 e 250 addetti. Da sole vantano oltre
136 miliardi di euro di fatturato e un valore aggiunto di quasi 32 miliardi di euro, pari a circa il
10% del Pil del Sud.PREOCCUPA RALLENTAMENTO DELLA CRESCITA - Ciò che emerge è che le piccole e medie imprese del
Mezzogiorno sono a un punto di svolta. Il trend di crescita riscontrato nel
2017 inizia a mostrare segnali di rallentamento e i risultati evidenziano prospettive incerte per i prossimi mesi. I pezzi di tessuto imprenditoriale andati perduti con la crisi faticano a ricomporsi. Per tornare a correre e arginare il peggioramento in vista le sfide decisive per le Pmi sono
l'apertura del capitale, della governance e l'internazionalizzazione, e il conseguente salto dimensionale. LE PMI AL SUD - Fino al 2017 mostra, per il quinto anno consecutivo, un andamento
positivo del fatturato (+4,4%) e del valore aggiunto (+3,5%) non molto lontano da
quello delle Pmi del resto del Paese. Ma al tempo stesso emergono anche segnali negativi come la ulteriore frenata della redditività lorda, con i margini che crescono solo dello 0,5% e un
indebitamento sostanzialmente fermo (+0,4%), segno che per numerose imprese l'accesso al credito resta difficoltoso, nonostante l'ampia liquidità a tassi accessibili ancora disponibile.
GLI "INDIZI" - Insomma, la crescita scricchiola e come sempre ci sono degli
indizi. A partire da fine 2018, per la prima volta dopo il picco della crisi, le Pmi che vedono
peggiorare il proprio merito di credito stanno tornando a crescere, mentre calano quelle che lo migliorano. Segnali di rallentamento che trovano conferma in alcuni indicatori più congiunturali monitorati dal rapporto. Per la prima volta dal 2012 tornano lievemente ad
aumentare i giorni necessari al pagamento dei fornitori (+0,7), come pure aumenta la quota di
Pmi in forte ritardo (+1%); tornano a crescere i
fallimenti (+5,3%) e le liquidazioni volontarie di
Pmi in bonis (+5,1%),
segnale di peggioramento delle aspettative future di profitto e di fiducia degli imprenditori.
CHI AVANZA E CHI RESTA INDIETRO - Ovviamente restano ampie infatti le
differenze regionali, con un primo gruppo di regioni, che comprende
Campania, Puglia, Basilicata e per certi aspetti la Calabria, che mostra un più positivo andamento di medio periodo quanto a redditivita' e solidita' finanziaria, ed un secondo gruppo (con le altre regioni)
indietro nel ranking regionale.Mai come ora, dunque, occorre spingere s
ull'acceleratore: risorse nazionali ed europee, credito e strumenti finanziari, leva fiscale e capitale di rischio, interventi sul contesto produttivo e per il sostegno all'export, in grado di dare alle Pmi del Mezzogiorno l'energia di cui hanno bisogno per riprendere il cammino dello sviluppo. Ma occorre fare in fretta perchè il r
ischio di un nuovo stop alla crescita è dietro l'angolo e ovviamente da
scongiurare a tutti i costi.