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CGIA denuncia, pressione fiscale percepita al 48%

L'Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre rileva che il contribuente italiano sente una pressione fiscale molto più alta rispetto al dato reale

Economia
CGIA denuncia, pressione fiscale percepita al 48%
(Teleborsa) - I contribuenti italiani che versano regolarmente le tasse sono quelli che sentono di più la pressione fiscale. La denuncia è partita dall'Ufficio studi della CGIA (Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre) che ha rilevato come i cittadini subiscano una pressione fiscale reale del 48% contro al dato ufficiale che si ferma a 6 punti al di sotto nel 2018, circa al 42,1%.

Da dove vengono questi numeri? Secondo l'Istat, nel 2016 l’economia non osservata ammontava a 209,8 miliardi di euro (pari al 12,4 per cento del PIL): di questi, 191,8 miliardi erano parte della cosiddetta economia sommersa e altri 17,9 alle attività illegali. In questa analisi, l’Ufficio studi della CGIA ha ipotizzato in maniera cautelativa che l'incidenza dell’economia sommersa e delle attività illegali sul PIL nel biennio 2017-2018 non abbia subito alcuna variazione rispetto al dato 2016. La pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali ed il PIL prodotto in un anno (nel 2018 si è attestata al 42,1 per cento). Se, però, dalla ricchezza del Paese (PIL) sottraiamo la quota riconducibile al sommerso economico e alle attività illegali che, non producono alcun gettito per le casse dello Stato, il prodotto interno lordo diminuisce facendo aumentare il risultato che emerge dal rapporto tra il gettito fiscale e il PIL (48 per cento). La CGIA tiene comunque a precisare che la pressione fiscale ufficiale calcolata dall'Istat (nel 2018 al 42,1 per cento) rispetta fedelmente le disposizioni metodologiche previste dall'Eurostat.

Un altro grande tema del nostro Paese è quello dell'incidenza del lavoro nero sulla nostra economia. Il nostro PIL, come quello di molti altri Paesi dell'UE, include anche gli effetti dell’economia non osservata. Questa "ricchezza", riconducibile alle attività irregolari e illegali non dà alcun contributo all'incremento delle entrate fiscali. Rammentando che la pressione fiscale si calcola attraverso il rapporto tra le entrate fiscali e il Pil, se dalla ricchezza prodotta scorporiamo la componente riconducibile all'economia "in nero", il peso del fisco in capo ai contribuenti onesti sale inevitabilmente, consegnandoci un carico fiscale reale molto superiore a quello ufficiale.

Infine la CGIA prevede che, se da un lato siamo scampati alla procedura di infrazione dell’UE grazie ad un recupero di 7,6 miliardi di euro, dall'altro lato la Spada di Damocle dell'aumento dell'IVA pende sul nostro Paese a meno che il Governo non trovi 23 miliardi entro la fine dell’anno in corso. Che salgono a 33 miliardi se si sommano i 10-15 previsti per l’estensione della flat tax a tutta la platea dei contribuenti.

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