(Teleborsa) - Con gli
attacchi all'Arabia Saudita è venuto meno il
5-6% della produzione mondiale di greggio. Uno degli
ammanchi maggiori della storia, equiparabile solo a quello registrato nel 1973-74 in occasione della
guerra del Kippur, a seguito della rivoluzione iraniana nel 1978-'79 e della
guerra Iraq-Iran nel 1980-81, quando i prezzi nel giro di poco tempo praticamente raddoppiarono.
E' quanto ricorda l'
Unione Petrolifera, associazione che rappresenta i produttori di greggio, sottolineando però che "rispetto ad allora la
produzione oggi non è più esclusivamente
concentrata nell'area OPEC, ma risulta molto
più distribuita a livello geografico. Attualmente gli
Stati Uniti sono il
primo produttore mondiale con oltre 17,4 milioni b/g, seguiti dalla
Russia con 11,6 milioni b/g. Paesi che insieme coprono circa il 30% dell’offerta mondiale. Questo il motivo per cui i
prezzi, almeno per il momento, hanno mostrato delle variazioni importanti restando comunque
al di sotto dei picchi raggiunti negli ultimi due anni".
Per l'associazione dei petrolieri questo è un
"segno che i mercati per ora appaiono regolarmente approvvigionati". "Il sistema - si sottolinea - ha in sé le risorse per contenere gli effetti più negativi di questa situazione di emergenza nel breve termine", ma "è evidente che se si dovesse protrarre troppo a lungo nel tempo, ne risentirebbe la tenuta dell’offerta e quindi l’effetto sui prezzi diverrebbe molto più significativo".
La
situazione rimane delicata perché bisognerà capire
in quanto tempo l’Arabia Saudita tornerà realmente a
pieno regime sul mercato (per ora ha dichiarato che 1,7 milioni b/g dovrebbero essere ripristinati nell'arco di pochi giorni). Fino a quel momento l’equilibrio del sistema è collegato alla possibilità degli
altri Paesi produttori di
aumentare la propria offerta. Sulla carta dovrebbero essere disponibili, in ambito Opec e al netto dell’Arabia Saudita, circa
940.000 b/g di "spare capacity" (offerta aggiuntiva resa disponibile entro 90 giorni).
Fra i Paesi che potrebbero colmare nell’immediato il gap c'è giusto l’Iran che vanta la più ampia capacità produttiva inutilizzata (circa 1,7 milioni b/g) anche se resta il nodo delle sanzioni americane ed europee.
Esclusi da computo gli
Stati Uniti, che negli ultimi anni hanno registrato un forte incremento della produzione (2,5 milioni b/g in più nel 2018 e 1,7 milioni b/g già stimati per il 2019) e
difficilmente potranno aumentarla ulteriormente in modo significativo. Anche la
Russia probabilmente
non potrà aggiungere molto più di quanto ha tagliato nell'ambito dell’accordo “Opec Plus”, cioè 200-300.000 b/g.
A fare la vera differenza potrebbero essere anche le
scorte strategiche, che si potranno utilizzare solo
nel caso in cui l’Arabia Saudita invocasse la "forza maggiore" e fossero seriamente messi a rischio gli approvvigionamenti.