(Teleborsa) - Si continua a parlate del
Recovery Fund destinato a sostenere la ripresa nei prossimi sette anni (2021-2027) ed a carico del bilancio europeo. Le
trattative sono ancora
in salita, sia sul fronte dell'impiego che sul finanziamento, fra le varie ipotesi, spunta quella di una
tassa europea. Una cosa è certa, il
Consiglio europeo del 19 giugno
non sarà risolutivo.
E' quanto emerso dagli Stati generali, convocati dal Premier Conte a Villa Doria Panphili a Roma, che ha visto l'intervento delle massime istituzioni europee.
Il Presidente del Consiglio europeo
Charles Michel ha avvertito che non bisogna "sottovalutare la difficoltà dei negoziati" e
"c'è ancora strada da fare" poiché persistono "
divergenze significative" su vari punti chiave della trattativa. Poi ha fatto cenno al concetto di
solidarietà ed ha auspicato che ciascun Paese porti avanti un
processo di riforme. "Rafforzare l'Italia significa rafforzare anche l'Europa", ha concluso.
Il
Premier Giuseppe Conte, nella conferenza stampa conclusiva, ha affermato: "Se riuscirò a portare a casa il Recovery fund che prevede ingenti risorse, sarà una vittoria", ed ha fatto
appello alle opposizioni affinché "
diano una mano con i Paesi Visegrad nell'interesse nazionale".
Per il
Governatore Ignazio Visco i "fondi europei non potranno mai essere gratuiti" ed
"un debito dell’Unione europea è un debito di tutti i paesi membri". "L’Italia contribuirà sempre in misura importante al finanziamento delle iniziative comunitarie, perché è la terza economia dell’Unione", ha concluso.
Intanto emerge
l'ipotesi di una tassa "europea" che possa consentire a Bruxelles, nel 2028, di r
imborsare il debito emesso per finanziare Next Generation EU (o Recovery Fund). Sino ad oggi, il bilancio europeo è stato finanziato perlopiù con contributi proporzionali degli Stati membri ed in minima parte con i diritti delle emissioni di CO2 a carico delle imprese.
Secondo il quotidiano
La Repubblica, vi sarebbero varie ipotesi: da una
tassa sulle imprese più grandi che operano sul mercato europeo (gettito atteso 10 miliardi) ad una tassa
sui rifiuti in plastica non riciclabile (entrate attese 7 miliardi) o, ancora, una revisione dei
diritti di emissione di CO2 (ricavato 10 miliardi). Poi vi sono altre ipotesi che peserebbero all'esterno: dalla
web tax, osteggiata da Trump e scarsamente fruttuosa (gettito appena 1 miliardo) alla
carbon tax, che prevede di far pagare i diritti di emissione di CO2 sulle merci importante da altri Paesi. Quest'ultima potrebbe portare in cassa risorse ampie (fino a 14 miliardi), ma scatenerebbe una guerra commerciale, soprattutto con gli USA.