(Teleborsa) -
Essenziale nei mesi del
lockdown, il
lavoro agile è destinato a ricoprire
un’importanza sempre maggiore nel nuovo concetto di "
lavoro" che abbiamo dovuto costruire,
a tempo record, in
scia allo
scoppio della
pandemia. Orari diverse, videochiamate,
contatto virtuale con i
colleghi. Una
vera e propria rivoluzione che all’inizio, si pensava, ci avrebbe accompagnato fino a che il
"nemico invisibile" non sarà stato definitivamente
debellato. Invece, sembra proprio che dallo smart working difficilmente si tornerà indietro e anzi resterà
ben oltre l’emergenza.Nello scenario pre-Covid, lo
smart working coinvolgeva circa
570 mila lavoratori, con un incremento del
20% tra il 2018 e il 2019. In pochi mesi il quadro è completamente cambiato: oggi, infatti, sono
sei milioni e mezzo di italiani, la quasi totalità delle grandi imprese ma anche il 58 per cento delle Pmi e il 94 per cento delle pubbliche amministrazioni in smart working.
Questa la
fotografia scattata dell’ultima edizione dell
’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, presentati nelle scorse ore durante il convegno online "Smart Working il futuro del lavoro oltre l’emergenza".
Ma il dato davvero
interessante è un altro: dei 6,58 milioni attivi da remoto durante il
lockdown, solo una piccola parte tornerà a lavorare come nello scenario pre-pandemia. Al termine dell’emergenza l’Osservatorio del Polimi stima che i lavoratori agili, che lavoreranno almeno in parte da remoto, saranno c
omplessivamente 5,35 milioni. Il
tema, del resto, è stato già al centro del primo incontro tra Ministra del Lavoro Nunzia Catalfo e sindacati per tracciare una prima linea di un perimetro più ampio. Dalla gestione degli orari di lavoro al diritto alla disconnessione, dalla salute e sicurezza ai mezzi tecnologici e non: lo smart working si prepara ad una
nuova veste normativa che ci traghetterà direttamente ad nuova fase del
mondo del lavoro, anche quando
sarà superata l’emergenza.