(Teleborsa) -
L'1% della popolazione mondiale è responsabile di oltre la metà delle emissioni di carbonio di tutto il settore aereo. Questa piccola frazione di persone è composta dai cosiddetti super "frequent flyer", ovvero da chi percorre circa 56 mila km all'anno, equivalenti a tre voli a lungo raggio all'anno, un volo a corto raggio al mese o una combinazione dei due. A sostenerlo è uno studio della Linnaeus University, in Svezia, appena pubblicato sul Global Environmental Change, che identifica anche le grandi sproporzioni del settore aereo globale.
Nel 2018,
solo l'11% della popolazione mondiale ha preso un aereo e soltanto il 4% è volato all'estero. I
passeggeri nordamericani sono quelli che hanno pesato di più tra i Paesi ricchi, più delle seguenti 10 nazioni messe insieme, compreso Regno Unito, Giappone, Germania e Australia. In media i nordamericani volano 50 volte più chilometri degli africani, 10 volte di più dei residenti nella regione Asia-Pacifico e 7,5 volte di più dei latinoamericani. Gli europei e i medio-orientali volano 25 volte di più degli africani e cinque volte più degli asiatici. La ricerca ha comunque rilevato che è g
rande la porzione di popolazione di ogni paese
che non vola affatto ogni anno: 53% negli Stati Uniti, 65% in Germania e 66% a Taiwan.
I ricercatori hanno stimato il
costo del danno climatico causato dalle emissioni del trasporto aereo in
100 miliardi di dollari nel 2018, affermando che il calo del 50% del numero di passeggeri nel 2020 durante la
pandemia dovrebbe essere un'opportunità per rendere il settore dell'aviazione più equo e sostenibile. "Se si vuole risolvere il cambiamento climatico, c'è bisogno di
riprogettare l'aviazione e di iniziare dall'alto, dove alcuni "super emettitori" contribuiscono in maniera massiccia al riscaldamento globale", ha detto Stefan Gössling, il ricercatore che ha guidato il nuovo studio, al Guardian.