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Giornale Mondiale dell'acqua: risorsa naturale ed economica, quanto vale l'oro blu?

Un tema di cui è sempre più urgente occuparsi. I numeri nel nostro Paese

Ambiente, Economia
Giornale Mondiale dell'acqua: risorsa naturale ed economica, quanto vale l'oro blu?
(Teleborsa) - Senz'acqua non c'è vita. Impossibile rinunciare all'acqua. Eppure, oltre un miliardo di persone nel mondo non ha accesso ad acqua potabile. Non solo: un bambino su cinque muore per sete o per malattie legate al consumo di acqua non sicura, mentre il 40% della popolazione globale convive con problemi di scarsa disponibilità di una risorsa naturale che dovrebbe essere garantita a tutti. Oggi, 22 marzo, ricorre la Giornata Mondiale dell'Acqua, istituito nel 1992 dall'ONU. Il tema, sempre più urgente, abbraccia problematiche non solo di tipo ambientale, ma anche sociali ed economico. Senza contare che le crisi idriche e il mancato approvvigionamento sono già oggi alla base di un significativo numero di conflitti, come dettagliano recenti rapporti UNESCO.

"La Giornata mondiale dell'acqua ricorda alle istituzioni di tutto il mondo la necessità di preservare una risorsa che sta diventando sempre più scarsa. L'accesso all'acqua costituisce un diritto fondamentale per tutelare la salute e assicurare il rispetto della dignità di esseri umani". Lo afferma il Presidente della Camera Roberto Fico in un videomessaggio diffuso in occasione di questa giornata.

Secondo quanto riporta The European House – Ambrosetti nel Libro Bianco 2021, frutto dell’Osservatorio Community Valore Acqua per l’Italia, oggi il nostro Paese è al 18° posto in Europa nell’indice "Valore Acqua verso lo Sviluppo Sostenibile", un indicatore utilizzato per capire come la gestione efficiente della risorsa idrica impatti sui 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030.

Presentato oggi alla stampa e domani agli stakeholder nel corso di un Forum phygital destinato a operatori della filiera e Istituzioni, il Libro Bianco “Valore Acqua per l’Italia 2021” contiene la prima mappatura completa della filiera estesa dell’acqua in Italia, che mette a sistema i contributi di tutti gli attori che vi operano: dai gestori della rete agli erogatori del servizio, dal settore agricolo a quello industriale, dai provider di tecnologia alle istituzioni preposte. Una filiera che The European House – Ambrosetti ha riunito dal 2019 nella Community Valore Acqua per l’Italia di cui oggi sono partner: A2A, Celli Group, MM, SMAT, Acquedotto Pugliese, ANBI – Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, Schneider Electric, SIT Group, Fisia Italimpianti – Gruppo Webuild, SOTECO, RDR, Consorzio Idrico Terra di Lavoro, Brianzacque, Padania Acque e Maddalena.

Il Libro Bianco è frutto della raccolta dei dati economici pluriennali di 2 milioni di aziende operanti nella filiera estesa dell’acqua, per un totale di oltre 50 milioni di osservazioni, ed evidenzia che il fatturato del settore del ciclo idrico esteso nel periodo 2013-2019 è cresciuto del +4,4% in media all’anno, raggiungendo un valore di 21,4 miliardi di euro. Da un punto di vista occupazionale cresce annualmente (sempre nel periodo 2013-2019) del +1,7%, il doppio rispetto a quello ottenuto dalla media delle imprese italiane e superiore alla media del settore manifatturiero, che è rimasto sostanzialmente fermo nel periodo (+0,1%). In pratica, se si considerasse il ciclo idrico esteso come un unico settore, si posizionerebbe come 2° comparto industriale per crescita occupazionale nel periodo 2013-2019, su 50 settori censiti.

Per contro, il settore soffre di un limitato tasso di investimento. Con 40 euro per abitante all’anno (rispetto a una media europea di 100 euro), l’Italia è agli ultimi posti nella classifica europea per investimenti nel settore idrico, davanti solo a Romania e Malta.

Nota dolente le infrastrutture idriche che sono "obsolete e inefficienti. Circa il 60% della rete idrica nazionale ha più di 30 anni e il 25% ha più di 50 anni. Il 47,6% dell’acqua prelevata per uso potabile viene dispersa: 42% solo nelle reti di distribuzione, 10 punti percentuali in più di 10 anni fa, rispetto al 23% della media europea.

Le opportunità di rilancio esistono e sono indicate dal Libro Bianco lungo quattro direttrici che dettano una vera e propria Agenda per l’Italia: i fondi Next Generation EU, che prevedono nel Recovery Fund un investimento di circa 20 miliardi di euro; un aggiornamento delle tariffe per finanziare in modo trasparente gli investimenti sulla rete infrastrutturale: un aumento di 10 centesimi della tariffa – che oggi è di 2,08 Euro/M³ - abiliterebbe 350 milioni di euro di investimenti nel ciclo idrico e circa 3.400 occupati, pesando per poco più di 8 Euro addizionali l'anno per famiglia; la transizione all’economia circolare, che punta sul riciclo e riuso delle acque, sulla captazione delle acque piovane e sullo sfruttamento virtuoso dei fanghi di depurazione; campagne informative. La transizione verso un sistema delle acque italiane più smart e sostenibile passa attraverso l’educazione dei cittadini. Un terzo delle famiglie italiane continua a non fidarsi di bere l’acqua dal rubinetto, con picchi del 60% nelle Regioni del Sud (nello specifico, in Sardegna), mentre la gran parte delle famiglie italiane sottostimano il reale utilizzo medio, imputandosi meno della metà dell’utilizzo di acqua giornaliero: una famiglia di 4 componenti stima un utilizzo di 177 litri di acqua al giorno quando l’effettivo utilizzo è di oltre 500 litri.

L’Italia è un Paese fortemente idrovoro con l’aggravante di uno spreco quasi sempre incontrollato. Con 153 m3 annui pro capite, l’Italia è il 2° Paese dell’Unione Europea per prelievi di acqua ad uso potabile (due volte superiore rispetto alla media europea). Inoltre, con 200 litri pro capite consumati all’anno, è il 1° Paese al mondo per consumi di acqua minerale in bottiglia (rispetto a una media europea di 118 litri), nonostante la qualità dell’acqua che esce dai nostri rubinetti sia la migliore d’Europa. Da un punto di vista della sicurezza nazionale, l’acqua costituisce una reale vulnerabilità: il 21% del territorio nazionale è infatti attualmente a rischio di desertificazione con eventi siccitosi sempre più frequenti che stanno colpendo le principali fonti idriche del Paese.

Il Libro Bianco sottolinea anche come l’Italia sia un paese ad elevata vulnerabilità climatica, intesa come la scarsa capacità di adattamento a eventi legati al cambiamento climatico.

"Nel nostro Paese il settore idrico ha intrapreso negli ultimi anni un deciso percorso di miglioramento, con una maggiore qualità dei servizi offerti ai cittadini grazie a una crescita importante degli investimenti. Ma in quei territori, soprattutto al Sud, in cui la riforma del 1994 non è ancora stata portata a compimento, sono urgenti interventi che consentano di superare le gestioni in economia, di rilanciare gli investimenti e di promuovere la strutturazione di un servizio di stampo industriale". Ad affermarlo Michaela Castelli, presidente di Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, le cui associate forniscono l'acqua all'80% della popolazione italiana), in occasione della Giornata Mondiale dell'Acqua.

Secondo la Fondazione Utilitalia, "dopo anni di instabilità, dal 2012 gli investimenti hanno registrato una crescita costante, attestandosi nel 2017 ad un valore di 38,7 euro l'anno per abitante (+23,7% rispetto al 2012); un dato che, alla luce delle programmazioni degli interventi degli operatori, dovrebbe superare i 44 euro pro capite nelle annualità 2018 e 2019".
Rispetto al dato nazionale degli investimenti realizzati, prosegue la nota, "la media per Sud e Isole è pari a 26 euro per abitante: e i dati del Mezzogiorno risulterebbero ulteriormente inferiori se si considerassero anche gli investimenti realizzati dalle gestioni comunali, pari a circa 5 euro annui. Nel Sud e nelle Isole, con esclusione di grandi operatori regionali, è molto elevato il grado di frammentazione gestionale, con un'elevata presenza di gestioni in economia (comuni che gestiscono almeno uno dei servizi tra acquedotto, fognatura e depurazione) rispetto alle restanti aree del Paese: nel Mezzogiorno le gestioni in economia rappresentano il 66% del totale nazionale".

Per la Castelli "è evidente che in tali realtà è difficile programmare lo sviluppo di reti ed impianti, e garantire al contempo un'adeguata manutenzione dell'esistente. Come dimostrano le positive esperienze del Centro-Nord, ed in qualche caso anche del Sud - sostiene - la gestione del servizio idrico integrato da parte di operatori industriali rappresenta la strada migliore per erogare servizi di qualità e per garantire la realizzazione dei piani di investimento approvati dalle autorità locali".
In quest'ottica, conclude la presidente, "il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta una grande opportunità, ma oltre alle risorse serve un piano dettagliato di riforme a partire proprio dal Sud, dove attraverso un forte indirizzo statale si deve assicurare l'affidamento del servizio a soggetti industriali".


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