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Piazza Affari, aumentano i delisting tra febbre da OPA e prezzi poco congrui

In diversi casi è necessario un rilancio per superare la soglia minima e procedere alla revoca delle negoziazioni

Finanza
Piazza Affari, aumentano i delisting tra febbre da OPA e prezzi poco congrui
(Teleborsa) - Saranno le ceramiche di lusso di Panariagroup le prossime a lasciare Piazza Affari. Finpanaria, controllata dalla famiglia Mussini, ha infatti comunicato la settimana scorsa di aver raggiunto la soglia minima per procedere al delisting della società, portando a termine una delle tante offerte pubbliche di acquisto che stanno caratterizzando il Listino milanese in questi mesi. La Borsa di Milano sembra essere affetta da una febbre da OPA, dove però le aziende oggetto del contendere non sono affatto in crisi: in diversi casi è necessario un rilancio per superare la soglia minima, mentre in altri le aziende che lasciano Piazza Affari operano in campi che saranno oggetto di grandi investimenti nei prossimi anni.

Sempre la settimana scorsa Andrea Bonomi, protagonista di alcune delle più importanti operazioni di private equity in Italia, l’ha spuntata nell'OPA su Guala Closures, lanciata con il veicolo Special Packaging Solutions Investments. In questo caso non c’è stato rilancio nel periodo di adesione, ma una seconda offerta con un corrispettivo più alto, dopo il fallimento di quella lanciata nella primavera del 2020. Il 4 giugno, le azioni di ASTM, Credito Valtellinese ed Elettra Investimenti sono state invece revocate dalle negoziazioni, mentre è ancora in corso l’OPA della famiglia Carraro sull’omonima azienda, che produce sistemi di trasmissione per veicoli off-highway e trattori specializzati. La famiglia Carraro ha prolungato per la seconda volta il periodo di adesione, dopo aver alzato il prezzo, e sta considerando di abbassare la condizione di efficacia dell’offerta.

Alcuni spunti interessanti emergono dall'ultima OPA ad essere partita, quella di Circular BidCo sulle azioni di Sicit, che ha preso il via ieri. L'offerente controlla, grazie agli accordi con IHS, solo il 41% circa del capitale e quindi spetta al mercato la scelta se considerare corretto il prezzo di 15,45 euro per azione e aderire, o aspettare la prossima mossa, come una possibile fusione con un veicolo non quotato. Intanto, PromoSprint (proprietario dell'8,46%) ha già detto che il prezzo proposto da Circular BidCo non riflette una valutazione adeguata della società. La società di investimento ha scritto che lo sbarco di Sicit a Piazza Affari "si fondava su aspettative e prospettive di medio e lungo termine" e che il delisting proposto oggi sembra "volto - a soli due anni dalla data della quotazione - a privare il mercato dell'upside valutativo che il business plan della società avrebbe auspicabilmente garantito". E ancora che "se comparata alle numerose offerte pubbliche totalitarie promosse in Italia negli ultimi mesi, l'OPA Circular BidCo si troverebbe a godere di un poco invidiabile primato nel non riconoscere alcun significativo premio al mercato rispetto ai corsi dei rispettivi titoli". Il prezzo non è adeguato anche secondo un'analisi di MOMentum Alternative Investments, la quale fa notare che il corrispettivo offerto "è inferiore del 10,7% rispetto al prezzo indicativo contenuto nella manifestazione di interesse di Syngenta comunicata al mercato il 5 maggio 2021", con il paradosso per il quale si è scelto di procedere con l'offerta più bassa, e che "è inferiore del 6,7% rispetto alla media, aggiornata al 20 aprile 2021, dei prezzi obiettivo dei tre brokers utilizzati nel documento di offerta".

Dall'inizio dell’anno e limitatamente ai titoli quotati sull'MTA, questa è l'ottava OPA lanciata su Small & Mid Caps italiane non finanziarie, di cui due su società (Isagro e appunto Sicit) impattate dal 2030 Biodiversity Strategy della EU. Diventano dieci con l’aggiunta di una su una banca, Creval, e una su una assicurazione, Cattolica. Secondo diversi analisti, ciò sembrerebbe confermare la sottovalutazione degli asset italiani (l'unico paese del G8 dove mercato azionario e immobiliare sono ancora sotto i livelli pre-crisi finanziaria del 2008), ma anche la ritrovata fiducia verso l'Italia (su cui pesa l'effetto Draghi e il Recovery Fund) e la preferenza degli investitori verso l'asset class delle Small & Mid Caps.

È possibile, inoltre, notare che quattro OPA volontarie (ASTM, Panariagroup, Carraro e Guala Closures) hanno richiesto almeno un rilancio da parte dell'offerente, nonostante tre di queste siano state promosse – anche indirettamente o in concerto - dall'azionista di riferimento che già deteneva oltre il 50% del capitale. Su questo trend potrebbe incidere anche l'aumento degli investitori istituzionali a Piazza Affari, con 67 società che hanno almeno un investitore del genere che supera la soglia per le dichiarazioni obbligatorie al mercato, secondo dati Consob. Inoltre, Il 2030 Biodiversity Strategy della EU - per proteggere la natura e invertire il degrado degli ecosistemi - è un elemento chiave del EU Green Deal, che sbloccherà 20 miliardi all'anno da investire nella biodiversità e in soluzioni naturali, con una riduzione dei pesticidi del 50% e dei fertilizzanti chimici del 20% e la creazione di 500 mila posti lavoro. Le prospettive di incremento del business per Isagro e Sicit (per entrambe le società l'offerta è partita il 14 giugno) sono quindi influenzate anche da questi grandi investimenti.

Benché abbiano registrato un'accelerata in questi mesi, le OPA finalizzate al delisting non sono certo una novità, come sottolinea il Discussion Paper della Consob sul fenomeno, pubblicato a gennaio 2021. La ricerca prende in esame 231 operazioni tra il 2007 e il 2019, ed in particolare le 173 offerte pubbliche di acquisto, volontarie e obbligatorie, su aziende quotate a Piazza Affari. Più della metà delle offerte su titoli azionari promosse nel periodo di analisi prevede il delisting della società target tra i programmi futuri dell’offerente (109 offerte su 174, pari al 60,6%). Se si escludono quelle a cui il delisting per definizione non si può applicare (ossia le offerte parziali e le offerte su azioni non quotate sul MTA, su MIV o su AIM), la percentuale sale al 73,6% del totale. Inoltre, negli ultimi anni si è registrato un sensibile aumento delle offerte con delisting programmato sul totale: l’incidenza è passata da 50% del 2015 al 90% del 2019. I ricercatori della Consob osservano che "l'incidenza dei delisting del 2019 (90%) non risulta di per sé eccezionale, essendosi già in passato raggiunti valori simili o superiori (2008; 2010). Quello che colpisce di questa tendenza recente è l'assenza di una chiara correlazione (negativa) con l'andamento del mercato secondario". Se l'ondata di delisting tra il 2007 e il 2010 può essere spiegata con il drammatico crollo dei prezzi di borsa a causa della crisi dei subprime e il fallimento Lehman, quella degli ultimi anni no: la ratio di questa recente tendenza sembra quindi essere "in una più profonda disaffezione verso lo status di società quotata".

(Foto: © Federico Rostagno | 123RF)
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