(Teleborsa) - La crisi di
Evergrande e lo shock nel
settore immobiliare cinese rappresentano dei rischi ma non devono spaventare le aziende italiane che supportano l’attività di sviluppo immobiliare in Cina. È il messaggio contenuto nell'ultimo
Focus On di Sace che sottolinea come la
molteplicità di destinazioni d’uso dei beni venduti – oltre all'edilizia residenziale c'è, ad esempio, il settore delle infrastrutture che presenta "un elevatissimo livello di sovrapposizione per quanto riguarda macchinari e materiali utilizzati" – e l’elevata
qualità di mobili e arredi – "la cui domanda rimane prevalentemente slegata dalle realizzazioni del property developer medio cinese" – possano rassicurare le imprese italiane.
Il rapporto ha evidenziato che l'
export in questo settore nel 2019 valeva
2,2 miliardi di euro (il 17% dell’intero export italiano in Cina) attraverso la
fornitura di materiali da costruzione, macchinari e prodotti chimici specifici, mobili e arredi.
L'
analisi ha confermato che "il settore immobiliare cinese si trova oggi in una
bolla che dura da diverso tempo, alimentata da riforme
volte a stimolare sia investimenti privati nell’edilizia residenziale sia maggiore crescita economica. Queste politiche, insieme ad alcune peculiarità della domanda di abitazioni, hanno contribuito alla crescita del settore, con l’
aggregato real estate e costruzioni stimato al 29% del Pil del Paese". Il Focus On – intitolato "L’elefante nella stanza: peso e squilibri del settore immobiliare in
Cina" e curato da Claudio Cesaroni – ha però sottolineato che la crisi di Evergrande, il Grande Rinoceronte Bianco, sia lontano dal poter rappresentare il
“
momento Lehman” del Dragone: "Evergrande non è, infatti, una società finanziaria e i suoi principali investitori istituzionali sono cinesi. La capacità di trasmissione della crisi di
liquidità dal gruppo immobiliare cinese ai mercati internazionali è, dunque, molto limitata, complice anche la non completa apertura dei movimenti di capitali nel Paese".
In base allo studio il rischio di un effetto domino nel
property sector, tuttavia, non è da sottovalutare "poiché le imprese
immobiliari cinesi presentano elevati livelli di debito (in media, un rapporto passivo/attivo di circa l’80%), risultando così particolarmente vulnerabili a mutamenti della fiducia degli investitori e a strette creditizie da parte del sistema bancario". Il caso Evergrande diventa così "un fondamentale banco di prova" sia per la
Banca Centrale che per le
autorità fiscali cinesi, ma anche per il presidente cinese
Xi Jinping. "Se da una parte, infatti, è estremamente importante evitare un fallimento disordinato che andrebbe a impattare negativamente l’intera economia cinese, dall’altra il
salvataggio pubblico del colosso immobiliare andrebbe a intensificare il problema di
moral hazard che caratterizza il contesto degli investimenti in Cina e risulterebbe contrario alla campagna di redistribuzione della ricchezza portata avanti da Xi".
Per lo studio Sace – vista "l’esperienza accumulata dalla Cina in questi anni nella gestione di
default e
ristrutturazioni di
importanti controparti bancarie e immobiliari" – la crisi di Evergrande possa risolversi attraverso una dismissione ordinata dei suoi attivi, senza provocare ferite all’economia del Paese.
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