(Teleborsa) - Sono trascorsi ormai due anni da quando la
pandemia ha fatto irruzione nelle nostre vite, andando ad impattare su ogni aspetto, dalla sfera privata a quella
lavorativa che a livello globale ha risentito dell'onda lunga della crisi. Quasi due terzi dei lavoratori globali (64%) ha dichiarato di aver subito un contraccolpo professionale dall’emergenza pandemica.
A scattare la fotografia a ombre (molte) e (poche) luci, lo studio internazionale, realizzato da
Adp Research Institute condotto su 2.471 lavoratori di 17 Paesi, stando al quale oltre un quarto (28%) ha addirittura perso il lavoro o è stato messo in condizioni simili alla nostra cassa integrazione.
Non solo.
Riduzione dello stipendio per quasi un lavoratore su quattro (23%) con la fascia più giovane più penalizzata. Mentre una percentuale praticamente simile (22%) ha dovuto affrontare una riduzione dell’orario o delle responsabilità.
E se fin qui si è parlato della situazione globale,
cosa succede in Italia? Il dato non è particolarmente incoraggiante: attende negativi sulla propria carriera nei prossimi due anni il 40,5% dei dipendenti intervistati (circa 2.000). Ad oggi, anche in casa nostra a pagare il prezzo più alto la fascia di ragazzi tra 18 e 24 anni , (23,5% ha perso il posto di lavoro), seguita dalla generazione dei Millennials (25-34 anni) con l’11,5%, quindi la fascia 35-44 (9%).
Il quadro è certamente complesso ma come sottolinea il report
"l'ottimismo vacilla ma resiste": la visione dei lavoratori da qui ai prossimi 3 anni resta positiva, infatti, per il 52% degli intervistati che confidano nella spinta che, ad esempio, arriverà dalla maggior flessibilità sul lavoro così come dalla possibilità di acquisire nuove competenze.