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Commercio in ripresa? Dipende dai punti di vista: ecco chi paga la crisi

Italiani a dieta assillati dal caro-bollette: servono misure per sostenere consumi e potere d'acquisto oltre che per mitigare aumento costi energia

Economia
Commercio in ripresa? Dipende dai punti di vista: ecco chi paga la crisi
(Teleborsa) - Le vendite al dettaglio sono cresciute a luglio dell'1,3% in valore e dell'1% in volume rispetto al mese precedente, connotando una apparente ripresa del commercio, ma se si guarda alla variazione annua si nota che il mercato incorpora una crescita dei prezzi di listino trainata dall'inflazione. La variazione tendenziale rivela infatti un aumento del 4,2% in valore ed un calo dello 0,9% in volume. Consumi che quindi ristagnano.



Confcommercio nota che la crescita delle vendite a luglio "non si inserisce in un trend di ripresa consolidato" e "non attenua le preoccupazioni sulla tenuta, nei prossimi mesi, della domanda delle famiglie". A questo proposito si cita il recupero dell’abbigliamento e delle calzature che, nonostante un andamento positivo dei saldi, paga nel complesso dei primi sette mesi dell’anno un ritardo dei volumi venduti rispetto allo stesso periodo del 2019 ancora prossimo al 10%.

Confesercenti nota che "l’inflazione aumenta la spesa, ma taglia i consumi", soprattutto le spese alimentari, che vedono una ripresa dei pasti consumati fuori casa. "Le famiglie stanno ancora cercando di mantenere inalterati i livelli di consumo - si sottolinea - ma l’elevata dinamica dei prezzi sta costituendo un vincolo insormontabile. La prospettiva appare molto preoccupante: l’inflazione per ora non accenna a diminuire e con l’avvicinarsi dell’autunno e dell’inverno le famiglie registreranno in misura crescente gli effetti dell’esplosione delle bollette energetiche sui propri bilanci, con conseguente caduta dei redditi e diminuzione dei consumi in favore delle spese obbligate".

Per Federdistribuzione, i dati Istat "registrano l’effetto positivo del periodo estivo e la voglia delle famiglie di ritrovare una nuova normalità", ma scontano il persistere di un "clima d’incertezza delle famiglie, che per difendersi dall’aumento dei prezzi stanno modificando le proprie scelte d’acquisto". "Registriamo una contrazione delle vendite di prodotti di fascia premium - si sottolinea - e una crescita delle fasce di primo prezzo, segno di un orientamento maggiore alla convenienza, con un trend che se fosse confermato nei prossimi mesi potrebbe mettere a rischio le filiere produttive italiane di eccellenza".

Anche Codacons mette il punto sul calo delle vendite in volume "causato dal caro-bollette e dall’inflazione alle stelle che modificano sensibilmente i comportamenti degli italiani". Per l'associazione dei consumatori questo calo "è la dimostrazione della crisi che investe le famiglie italiane" e "la prova inconfutabile degli effetti del caro-prezzi, e del paradosso in base al quale oggi gli italiani spendono di più per acquistare meno”. Per Codacons non se ne esce, se non con un taglio dell'IVA sui beni primari, come gli alimentari.

"Gli italiani restano sempre a dieta!", commenta l'Unione Nazionale Consumatori, parlando di un rimbalzo tecnico delle vendite e mettendo l'accento sul dato depurato dell'inflazione. "Insomma, gli italiani stringono la cinghia sul cibo, mangiando meno!" afferma Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori.

Per Assoutenti i dati "dimostrano non solo come gli italiani mettano sempre meno cibo in tavola, ma anche i profondi cambiamenti nei comportamenti economici dei cittadini imposti dal caro-bollette e dalla abnorme crescita dei prezzi". "Gli italiani, per far fronte alla crisi in atto, tagliano acquisti primari come il cibo, un segnale decisamente sconfortante", sottolinea l'associazione, secondo cui "il caro-prezzi sta rivoluzionando le scelte delle famiglie, e il Governo deve intervenire con una seria strategia per difendere il potere d’acquisto dei cittadini e bloccare la crescita senza sosta dei listini al dettaglio".
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