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Il pianoforte

L'Europa sposta i mobili di casa.

E’ giustificata la reazione così positiva dei mercati? Fino a questo punto lo è, da qui in avanti bisognerà distinguere. Ci sono realtà, come i governativi mediterranei (e, ancora di più, irlandesi) che potrebbero ancora rafforzarsi.

Lo scetticismo del mercato, nei loro confronti, è ancora molto alto e i compratori, Irlanda a parte, sono quasi esclusivamente domestici. Continuiamo a essere positivi sulla Spagna, anche più che sull’Italia. La regione Castilla-La Mancha, che l’anno scorso aveva un disavanzo pari al 7.5 per cento del Pil, lo porterà quest’anno all’1.5. Quando vedremo una regione italiana agire con la stessa determinazione cambieremo idea.

Se si passa alle borse, tuttavia, da qui in su sarà probabilmente il caso di alleggerire gradualmente. Metà del rialzo è stata dovuta alle buone notizie dall’Europa, ma l’altra metà, è inutile negarlo, la dobbiamo al posizionamento ultraleggero dei portafogli prima del vertice, agli abbellimenti di fine semestre e al tradizionale rialzo che accompagna l’inizio di ogni trimestre. Non c’è niente di male in questi movimenti, che sono assolutamente fisiologici, ma quello che lascia perplessi è il quadro macro. Le borse si sono infiammate per un unico dato positivo sugli ordinativi americani e hanno fatto finta di non vedere che era relativo a maggio, quando già sappiamo che in giugno è andata molto, molto peggio.

Quanto al Qe3, tutto è possibile, ma un SP 500 in rialzo del 9.2 per cento rispetto a inizio anno e in forte ripresa toglie argomenti ai fautori di misure aggressive dentro la Fed. Alan Blinder, a suo tempo clintoniano numero tre del Fomc e oggi a Princeton, sostiene che nella Fed c’è ormai guerra civile per linee partitiche (esattamente, aggiungiamo, come nella Corte Suprema). I repubblicani si opporranno strenuamente a un Qe con una borsa forte e quando è appena stata prolungata l’operazione Twist.

Il vero esame sarà comunque nei prossimi giorni, quando avremo modo di verificare se i margini delle imprese hanno retto al rallentamento globale. Sarà particolarmente interessante vedere i dati delle grandi multinazionali americane, da tre anni favorite dalla crescita dei paesi emergenti e ora colpite dal loro rallentamento e dal rafforzamento del dollaro contro tutte le altre valute.
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