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Siamo nelle mani della BCE

Il nuovo piano è double face. Da un lato costringerebbe i politici a svolgere la loro funzione e ad assumersi le loro responsabilità, eviterebbe il ruolo di supplenza della Corte costituzionale, dall'altro non assoggetterebbe i futuri sviluppi del progetto europeo al vaglio preventivo e successivo di Karlsruhe. Se vaglio di costituzionalità deve esserci, esso non può essere che quello della Corte di giustizia europea rispetto al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Dopo il discorso di Draghi le borse hanno reagito positivamente con aumenti per tre giorni consecutivi che hanno recuperato in grossa parte le perdite precedenti. Ma al di là di questi segnali che cosa può fare direttamente la BCE? Ha certamente più strumenti del Fondo salva-stati, ma non può fare tutto. Non ha neanche i poteri della FED. La BCE può fare tante cose ed alcune le ha già fatte. Tra dicembre e gennaio scorsi ha fatto un'operazione di quantitative easing per oltre 1000 miliardi e ha ridotto il tasso di sconto dall'1 allo 0,75%.

Se ora il problema più urgente è quello di salvare le banche spagnole dal fallimento, che cosa può fare la BCE? Draghi ha detto che può fare molto e quanto basta, ma subito dopo deve riconoscere che il mercato interbancario a livello europeo non funziona per niente e funziona poco a livello interno dei singoli paesi. Quello finanziario è segmentato e questo non aiuta anzi consente e sostiene i differenziali nei tassi di interesse. Evidentemente non c'è più fiducia e cooperazione tra le banche e questo complica la situazione. Viene da chiedersi: se le banche non cooperano tra loro, come fanno i risparmiatori a fidarsi delle banche? Un bel dilemma, ma per fortuna c'è l'assicurazione dei depositi che ora si vuole generalizzare a livello europeo.

Draghi non può intervenire direttamente per salvare le banche spagnole. Può farlo attraverso il fondo salva-Stati dotandolo della licenza bancaria e di risorse in teoria illimitate. Ecco perché in un modo o nell'altro si ritorna alla questione degli eurobond e/o di bond nazionali come quelli che Tremonti rese disponibili per le banche italiane nel novembre 2008. La differenza è che le banche se ne avvalsero in misura minima mentre le quantità necessarie per le banche spagnole (100 miliardi) provocherebbero un grande balzo nel debito pubblico spagnolo. Perciò serve l'intervento diretto della BCE che può avvenire solo nel mercato secondario, ma se tale intervento deve avvenire in quantità sufficiente, la misura sarebbe equivalente ad una mutualizzazione del debito spagnolo e, su questo, finora pende in primis il dissenso del governo tedesco oltre che la ratifica del fiscal compact, la condizionalità e la sentenza di Karlsruhe.

Senza parlare del piano per la crescita che interessa Geithner, è già una difficile partita a scacchi. Aspettiamo la prima mossa di Draghi.
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