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Shop 'Til you drop

Consumatori aggressivi, investitori perplessi.

Black Friday 2011. Caccia ai videogiochi in un WalMart in Ohio.Wall Street. I mercati hanno preso alla lettera le dichiarazioni distensive successive al primo incontro, si sono calmati e hanno iniziato a scontare qualche settimana di discussione con un lieto fine garantito per Natale. Il posizionamento è quello di chi prevede un andamento piatto fino a metà dicembre, qualche giorno di volatilità, la firma dell’accordo (grande o piccolo in questo momento importa poco) e un rialzo negli ultimi giorni dell’anno che prosegue indisturbato in gennaio e (utili trimestrali permettendo) in febbraio.

Questa visione ha una certa logica, ma sottovaluta la volatilità che ci può essere già dalla prossima settimana. Non bisogna dimenticare che in un negoziato come quello sul fiscal cliff i politici sono osservati e giudicati da due tipi diversi di pubblico. Quello largo, gli elettori, tende a desiderare un compromesso ragionevole in tempi ravvicinati. Quello stretto, la base parlamentare e militante dei due partiti, chiede invece intransigenza (Krugman, per fare un esempio, si dice disposto ad accettare una recessione purché non si ceda terreno ai repubblicani).

I politici che negoziano, quindi, devono mostrarsi in generale concilianti, ma sono costretti di tanto in tanto a irrigidirsi per dare soddisfazione alla loro base. Anche ipotizzando il migliore dei negoziati possibili, dunque, ci saranno almeno una o due occasioni in cui le distanze dovranno sembrare incolmabili. Abbiamo l’impressione che un mercato a questi livelli resti vulnerabile a uno scenario di quasi rottura.

Ricordiamo poi che se è vero che i mercati guardano i politici, è anche vero che i politici guardano i mercati. Vedere borse tranquille può indurre i negoziatori a prendere tempo e a irrigidirsi.

Che fare? Si può scommettere che vada bene, si può scommettere che vada male e si può non scommettere. Il fatto che l’America sia sì divisa, ma anche stanca, porta a puntare su un accordo. Poiché però siamo solo alle prime battute ci sembra sbagliato mettere sul tavolo tutto subito. Il rischio di comprare aggressivamente troppo presto è quello di spaventarsi (e quindi vendere male) se sopraggiunge qualche complicazione.

2013. Circolano due teorie. La prima è ottimista, ipotizza un buon accordo in America, un ritorno della fiducia, un boom dell’edilizia che si porta dietro una ripresa di occupazione, consumi e investimenti e si traduce, per citare Bernanke, in un anno molto buono. L’altra, pessimista, parla di trattative che si trascinano per mesi, di un clima sfilacciato, di tasse che salgono e di utili che hanno già iniziato a scendere e continueranno a declinare, regalandoci un 2013 con profitti più bassi rispetto al 2012.

C’è del vero in entrambe le tesi, ma la nostra scommessa è che le trattative non dureranno troppo a lungo, gli aumenti di tasse saranno abbastanza contenuti e la ripresa dell’edilizia sarà un ottimo contrappeso. Quanto agli utili, una piccola erosione non è storicamente incompatibile con una prosecuzione di un bull market a bassa velocità a condizione che ci sia crescita.

Medio Oriente ed Europa. Non ne abbiamo parlato fin qui perché ci sembrano sullo sfondo, almeno per il momento. In Medio Oriente si incrociano diversi conflitti (sunniti/sciiti, Israele/Hamas-Iran, Fratelli Musulmani/monarchie sunnite) che al momento non mettono in discussione il petrolio.

L’Europa è uscita dalla sala di rianimazione grazie all’Omt di Draghi (vero o virtuale poco importa) e ne rimarrà fuori fino alle elezioni tedesche. Alla Grecia sono stati concessi (a caro prezzo) due anni di sopravvivenza e il problema, per il momento, è solo quello di come contabilizzare le perdite dei creditori. L’unione bancaria è già slittata al 2014. Come tutto il resto, probabilmente.

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