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Orizzonte 2015

Un portafoglio per chi è in partenza per Giove.

Appunti di Galileo su Giove e i suoi satelliti. 1610.Quanto al fiscal cliff, va benissimo che ci si sia messo sopra un cerottone, ma non bisogna dimenticare due cose. La prima è che il cerottone contiene solo tasse e la seconda è che sulla questione delle spese i repubblicani cercheranno una rivincita in febbraio, minacciando fuoco e fiamme.

Si sa che le tasse degli altri sono sempre giuste, sopportabili e doverose. Quando la Grecia ha aumentato le sue, i mercati internazionali sono stati contenti, i greci meno. Lo stesso è accaduto per le tasse italiane e, adesso, per quelle americane.

Ci sono però quattro problemi. Il primo è che le tasse sono comunque depressive, molto più dei tagli. La propensione marginale al consumo è più bassa per i redditi alti, ma non è pari a zero bensì, negli Stati Uniti, a 25 centesimi per dollaro. Il secondo è che l’aumento della tassazione sui dividendi e i capital gain penalizza l’azionario rispetto all’obbligazionario. Il terzo è che il cerottone tassa tutti, non solo i ricchi, attraverso un aumento degli oneri sociali sulla busta paga. Il quarto è che non è finita qui, perché Obama vuole altre tasse, e tante, in febbraio.

Va bene, si dirà, ma intanto come stanno andando le economie reali e gli utili? Non dovrebbero essere questi i fattori che muovono le borse? Perché continuano a restare sullo sfondo e a destare sempre meno interesse? Per due ragioni, probabilmente. La prima è che le decisioni politiche, in questa fase storica, sono molto più importanti rispetto a tutto il resto. Si pensi solo al fatto, per fare un esempio, che l’80 per cento delle nuove emissioni di debito pubblico americano è ormai acquistato dalla Fed. Che ruolo può mai avere il mercato con il suo piccolo 20 per cento? La seconda ragione è che i dati macro continuano nel loro complesso a non essere né particolarmente buoni né particolarmente cattivi, con la sola eccezione dell’Europa mediterranea. Il Pil americano, nel primo trimestre, crescerà a una velocità annualizzata vicina all’uno per cento, cioè poco, ma questa sembra essere l’ultima delle preoccupazioni per i mercati. Lo stesso vale per l’Europa, che avrà crescita zero.

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