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Il Katéchon

Teologia politica dell’Europa e dell’euro.

Raffaello. L'incoronazione di Carlo Magno. 1516.Il progetto europeo trova un limite non solo nella geopolitica, ma nella sua stessa genealogia. L’Europa, lungo i secoli, non si costituisce solo come fortezza tendenzialmente unificata per difendere dagli attacchi esterni la sua fede e il suo diritto, ma anche per difendersi da se stessa. L’Europa, da quando esiste, ha paura di se stessa, della guerra di tutti contro tutti e dell’anarchia in cui tende a precipitare quando perde la bussola dell’universalismo.

Nella seconda lettera ai Tessalonicesi, scritta nel 52 d.C., Paolo invita la comunità cristiana ad avere pazienza. La Parousia, il ritorno del Cristo nel mondo, non è imminente. Prima del ritorno, come indica il libro dell’Apocalisse, sarà l’Anticristo a conquistare e sedurre i cuori degli uomini. Se l’Anticristo non ha ancora portato nel mondo il disordine (mysterium iniquitatis nella versione latina, anomia in quella greca) è perché qualcosa lo trattiene.

Il trattenitore (katéchon), in una tradizione teologico-politica bimillenaria che va da Tertulliano a Carl Schmitt, è l’imperatore romano, carolingio, asburgico, fino ad arrivare ai giorni nostri, volendo, all’Unione Europea, a Van Rompuy e alla Merkel. Il soggetto politico paneuropeo, nell’elaborazione di una corrente potente di giuristi, teologi e filosofi filoimperiali, diventa la difesa ultima contro l’anomia, la mancanza di regole e il disordine interno connaturato all’Europa.

Nella teologia della storia, come si vede, esiste una fortissima tensione irrisolta. È meglio arginare il disordine il più a lungo possibile, ritardando però in questo modo, oltre al disordine, anche l’instaurazione dell’ordine finale e la fine della storia o è invece meglio accelerare il disordine per renderne possibile la sconfitta finale? Robespierre, Lenin, Trotzkij e gli apocalittici in generale teorizzano l’accelerazione del disordine nel nome di un nuovo ordine che verrà. Il resto del pensiero occidentale preferisce arginare il disordine il più a lungo possibile.

La crisi politica italiana ripropone questa tensione. È meglio contenere il disordine e restare aggrappati all’euro (il nuovo katéchon) o è preferibile fare saltare tutto, mollare gli ormeggi, navigare da soli per qualche tempo e poi ricostruire l’Europa su basi nuove e finalmente durature?

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