Il quadro d’insieme vede i due motori principali della crescita, Stati Uniti e Cina, incamminati su una via di espansione sostenibile. La crescita americana, per quanto poco esaltante, è molto solida e non è inflazionistica. I fattori che la sostengono sono numerosi e ben diversificati (edilizia, auto, reindustrializzazione, energia, solidità delle banche, ripresa degli investimenti). La loro forza bilancia la graduale diminuzione dello stimolo fiscale e lascia spazio per una crescita tendenziale netta vicina al 2 per cento.
La Cina, che negli ultimi giorni ha pubblicato una serie di dati deludenti, è comunque impegnata in un grandioso progetto di urbanizzazione che la terrà impegnata nei prossimi due decenni. Chi si preoccupa per qualche migliaio di palazzi vuoti deve considerare i 200-300 milioni di persone che nei prossimi anni si trasferiranno dalle campagne e andranno ad abitarli. Quanto al breve termine, ricordiamo che le vendite d’auto sono su nuovi massimi storici, così come la produzione di acciaio, per la quale si era cominciato a temere un declino strutturale e irreversibile.
Ai due motori principali va poi aggiunto un Giappone che sta ritrovando aggressività sulla base di politiche finalmente diverse da quelle degli anni Novanta. Basta con i ponti verso isole deserte e le autostrade in mezzo al nulla, la nuova linea è di riformare il lato dell’offerta, non solo di alimentare domanda purché sia. Quanto all’America Latina, oltre a un Messico particolarmente dinamico e sicuro di sé va considerato un Brasile più incerto, pasticcione e contraddittorio nelle sue scelte, ma pur sempre in grado di produrre un tasso di crescita non disprezzabile.
Se non si considera l’Europa il mondo appare dunque piuttosto solido e perfettamente in grado di giustificare i livelli attuali dei mercati azionari.
C’è però l’Europa, come è noto, dove la crisi continua e per certi aspetti si aggrava. Il paese più sano, la Germania, è entrato in una fase di crescita bassa dovuta alla piena occupazione e alla scarsità di investimenti. Dopo quello dei primi anni Duemila, un nuovo ciclo di grandi ristrutturazioni è annunciato da molte importanti imprese. È un fatto positivo per i loro azionisti, ma avrà qualche conseguenza negativa sull’occupazione e sulla domanda interna. La Francia riuscirà a evitare un prolungamento della recessione solo con un disavanzo pubblico più alto. La Spagna è sempre in contrazione e non riuscirà nemmeno quest’anno a riavviare la domanda interna. Un piccola luce è però visibile, l’export in crescita grazie al recupero di competitività. L’Italia è molto più indietro su questo terreno.
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