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Le macerie dell'economia italiana

Un'analisi della tragica situazione dell'economia italiana.

A fronte di governi nazionali in preda a rigurgiti nazionalisti, di politiche deflazionistiche che mettono a rischio l'UE favorendo la rinascita di movimenti populistici e di estrema destra, secondo gli autori occorre un modello di sviluppo alternativo a quello attuale trainato dalla finanza privata e far coincidere l'interesse generale per l'Unità europea con l'interesse dei lavoratori europei.

L'Italia è in declino difficilmente reversibile e bisogna capirne le vere cause. Più che allo spread bisogna guardare ai fondamentali dell'economia e mettere da parte le visioni moralistiche della Merkel. Secondo Stefano Perri e Riccardo Realfonzo (il Sole 24 ore del 15-04-2013) da venti anni la crescita ristagna perché la domanda effettiva è troppo bassa. "E infatti dal 1991 a oggi la domanda aggregata statunitense è cresciuta dell'84% e la domanda europea di circa 24 punti percentuali in meno; ma è l'Italia che è rimasta letteralmente al palo , con una dinamica complessiva della domanda pari a meno della metà della media europea e addirittura a meno di un terzo di ciò che si è verificato oltre Atlantico (il dato italiano è del 25,8%)".

I due autori spiegano tutto questo con gli effetti dell'ingresso nell'euro. Questo c'entra ma va spiegato meglio. C'entra la politica di stop and go o di navigazione a vista senza una chiara linea strategica. Meglio la strategia c'era nella mente di quelli che hanno deciso di entrare nell'euro: la disciplina del cambio fisso. Poi alcuni governi se ne sono dimenticati. Nei venti anni considerati c'entra la manovra del governo Amato dopo che la lira era schizzata fuori dal Sistema monetario europeo. C'entra la manovra Prodi (1997) per entrare nell'euro e la seconda manovra Prodi-Padoa Schioppa (2007) per risanare i conti pubblici. Tre manovre deflazioniste con pesanti conseguenze sugli investimenti pubblici e privati.

Un ventennio in cui si sono alternati governi di Centro-sinistra e di Centro-destra entrambi rivelatisi incapaci di attuare un'austerità di sinistra come proposta da Giolitti nel 1973, ossia, di gestire con rigore la spesa pubblica e salvaguardare la crescita attraverso un livello di investimenti e ricerca idoneo a perseguire il pieno impiego delle risorse.

Ma perché l'Italia non riesce a mettersi su un sentiero di crescita virtuosa? Perché è basso il senso civico, c'è l'evasione fiscale legalizzata di ampie categorie produttive, c'è un alto tasso di economia sommersa, dilaga la corruzione e la illegalità (Federico Rampini, 2012). Se così non basta tagliare il Welfare State o, più in generale, la spesa pubblica. Non servono i salassi dei medici medioevali come ci ricordano continuamente Krugman e Stiglitz. Serve una moderna visione della programmazione economica e del ruolo economico dell'operatore pubblico. Serve in pratica una rigorosa applicazione della golden rule, ossia, della regola che tiene fuori dal calcolo del deficit il finanziamento degli investimenti produttivi. E invece che cosa ha fatto il governo Monti? Ha modificato l'art. 81 Cost. per introdurre il pareggio di bilancio senza tener conto dell'art. 119.
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