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E' giusto evadere le tasse?

Le beghe chiozzotte sull'evasione fiscale.

Il vice-ministro delle finanze On. Fassina, alla ricerca di facili consensi in un convegno organizzato dalla Confcommercio, ha affermato che "si evade anche per necessità". Si è scatenato il finimondo come se fosse stata la prima volta che un uomo di governo affermasse una cosa del genere. Basti ricordare le tante volte che Berlusconi, nella qualità di Presidente del Consiglio dei ministri, ha affermato che era legittimo evadere quando le aliquote dell'imposta sul reddito superavano il 33%, così legittimando il comportamento degli evasori e poi premiandoli con condoni straordinari, ordinari e permanenti. Non a caso l'On. Brunetta dà a Fassina il "benvenuto nel Pdl".

Al di là delle polemiche, si dà il fatto che l'On. Fassina ha ragione e non è la prima volta che fa un'affermazione del genere.

Qual è il problema? Artigiani, piccoli e medi imprenditori e professionisti sono tassati per lo più con gli Studi di Settore (SdS). Questi sono costruiti sulla base di stime dei ricavi all'interno di gruppi omogenei da cui partire per arrivare a determinare i redditi imponibili da dichiarare. Per quanto sia stata migliorata, con regressioni multiple all'interno del cluster, la stima dei ricavi da dichiarare resta il fatto che chi sta al di sotto della media è penalizzato perché viene chiamato a pagare di più mentre chi sta al di sopra è avvantaggiato tanto più quanto più si discosta dalla media.
Si dice da un lato che così si premia l'efficienza ma è anche vero che il sistema crea iniquità perché chi ha maggiore capacità contributiva paga di meno e viceversa specie per chi è inefficiente, in difficoltà o all'inizio di una certa attività, paga proporzionalmente di più.

Così come attuato il meccanismo degli SdS è sbagliato anche perché stima i ricavi e non i redditi da dichiarare. E gli operatori medi e grandi hanno maggiori occasioni per ridurre le basi imponibili avvalendosi di deduzioni e detrazioni. Le organizzazioni delle categorie citate sfruttano il malcontento dei piccoli e dei marginali per ottenere riduzioni dei ricavi da dichiarare. Questo è stato fatto puntualmente ogni anno negli ultimi cinque anni anche a causa della perdurante crisi economica che ha ridotto il PIL di circa 10 punti. E questo spiega uno dei motivi per cui nonostante i proclami e bollettini della vittoria dell'Agenzia delle entrate, a fine anno, la stessa ha dovuto confermare la stima dell'evasione nell'ordine dei 120-130 miliardi di euro all'anno.

L'affermazione di Fassina ha fatto il giro della rete ed è stata criticata, secondo me, per motivi sbagliati da esponenti del suo stesso partito nonché dalla segretaria generale della CGIL Susanna Camusso. Dico così perché le critiche sono superficiali e non colgono 2-3 punti, a mio giudizio, fondamentali.

Il primo è la necessità di rivedere la metodologia dell'accertamento fondato sugli SdS.
Il secondo è quello di rivedere la procedura del concordato di massa che si esplica nella trattativa "tecnica" tra rappresentanti delle categorie e organi del MFE sotto diretta influenza del ministro di turno. La gestione politicizzata dell'accertamento è una peculiarità tutta italiana che non trova riscontro in altri paesi che combattono meglio l'evasione fiscale. Solo in Italia gli esponenti dell'Agenzia delle entrate riscuotono successo in convegni organizzati dalle categorie che comprendono anche i maggiori evasori. Solo in Italia i membri del governo, un giorno sì e un giorno no, fanno proclami sull'inasprimento della lotta all'evasione fiscale salvo poi essere smentiti dai fatti.

Gli SdS dovrebbero essere utilizzati dagli uffici periferici come ausili all'accertamento del reddito effettivo attraverso concordati non di massa ma tendenzialmente individuali. Solo in questo modo si può aprire una prospettiva seria per migliorare il mix di efficienza ed equità nella complessa attività di accertamento delle imposte sui redditi di impresa e di lavoro autonomo. Se questo è vero non serviva e non serve l'invio di tutti gli estratti conto bancari di 17 milioni di lavoratori dipendenti e altrettanti pensionati deciso con legge voluta dal governo Monti. Su questo punto l'attuale governo non sembra avere alcun orientamento.

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