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Noi e l'Africa

Quando i nigeriani saranno più dei cinesi.

Oggi il Congo è per metà occupato dal Rwanda. È come se l’esercito di San Marino occupasse l’Italia settentrionale e ne controllasse l’economia e le miniere. Il Rwanda è tragicamente temprato da una guerra civile che dura da mille anni anche se dopo il milione di morti del 1994 vive in pace all’interno e con un’economia in forte crescita.

L’Africa atlantica è più ricca di quella orientale. In Nigeria si estrae petrolio da mezzo secolo, in Angola e Gabon da 40 anni e in Ghana da dieci. Le economie sono sofisticate, ma il petrolio le ha corrotte in profondità, spiazzando le altre produzioni. Il petrolio esportato fa infatti salire il cambio (Luanda è la città più cara del mondo) e rende facile importare prodotti di consumo rendendo al contrario poco competitive l’agricoltura e l’industria con forte intensità di manodopera, come ad esempio il tessile. Il Ghana rimane per il momento un paese serio e ben gestito, ma corre grossi rischi.

Kilamba, Angola. Costruita dai cinesi, è quasi completamente disabitata. È troppo caraL’Africa orientale, dove gas e petrolio stanno arrivando solo adesso, ha cambi più bassi e un costo del lavoro più contenuto. C’è anche una maggiore certezza del diritto ed è anche per questo che molte multinazionali stanno scegliendo Kenya e Uganda non solo come loro sede regionale, ma anche per produrre in loco ed esportare nel resto del continente.

Più indietro, Tanzania e Zambia hanno tutte le potenzialità per raccogliere quello che non è più economico produrre in Cina, dalle scarpe sportive all’assemblaggio di cellulari. È il primo livello dell’industrializzazione, quello in cui il contadino o il disoccupato urbano sono ben lieti di lavorare duramente in fabbrica per piccoli imprenditori non strutturati, subfornitori coraggiosi e avventurieri di multinazionali politicamente corrette (fra poco anche cinesi) che non si sporcano direttamente le mani. Il lavoro in fabbrica è comunque un progresso sociale e apre la strada a un minimo di benessere.

George Friedman di Stratfor ha stilato un elenco di 16 paesi in condizioni simili a quelle della Cina dei primi anni Ottanta. In America Latina c’è solo una parte del Perù e il Messico meridionale. Tutto il resto è affacciato sull’Oceano Indiano e va dal Kenya al Pakistan e Bangladesh e dall’India alla Birmania al Vietnam. L’India ha però una burocrazia soffocante, il Pakistan è altamente instabile, il Vietnam ha un settore pubblico inefficiente che dirotta e sperpera risorse. Alla fine i più promettenti sono la Birmania e l’Africa orientale.

(Nella foto: Kilamba, Angola. Costruita dai cinesi, è quasi completamente disabitata. È troppo cara.)
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