Concludiamo con l’Asia, dove la tormentata
Thailandia, anch’essa disertata dai turisti, vive la vigilia del colpo di stato guadagnando l’uno in euro. Il
Pakistan sale del 6 (del 7 in euro) e il
Vietnam in pieno turnaround guadagna il 10 in dong e il 12 in euro. Invariate le
Filippine. In compenso l’
Indonesia, uno dei Fragile Eight che dovrebbero farci saltare per aria, guadagna il 3 (il 4 in euro). Certo, c’è l’
India (peraltro ormai espulsa da tutti i portafogli rispettabili) che perde il 3 in euro.
Sempre meglio di Parigi che perde il 4.
Poi c’è la Cina. Ogni dibattito, in questo periodo, non è considerato soddisfacente se non include la considerazione che finché la crisi rimane in Argentina o in Turchia il problema è locale, se però si ammala anche la Cina allora siamo tutti spacciati. Le borse cinesi non sembrano tuttavia così preoccupate.
Shanghai, appesantita dai monopoli di stato senza profitti, perde il 3 per cento in euro da inizio anno.
Shenzhen, che contiene meno carrozzoni pubblici, guadagna il 4. Non male per un paese che per molti resta sull’orlo del crollo.
Alla fine, a ben vedere, la crisi degli emergenti coinvolge Russia, Brasile, Turchia e Sudafrica. Sono paesi molto importanti, senza dubbio, ma non rappresentano l’intero universo emergente. Sono gestiti male (troppe nazionalizzazioni in Russia, troppo populismo in Brasile, troppo sindacalismo anni Settanta in Sudafrica) ma non malissimo e hanno un cambio troppo forte che dovranno aggiustare. Non sono però casi disperati da qualunque parte li si guardi.
Alla fine,
come dice Larry Fink, la discesa delle nostre borse è solo una normalissima correzione vecchio stile. Non c’è da scomodare l’universo emergente o la misteriosa Cina. C’è un banalissimo ciclo delle scorte che ora è negativo e fa più freddo del solito. Gli aerei non partono e la gente, con le strade ghiacciate, evita di andare al centro commerciale. Problemi, questi, che si esauriranno in poche settimane.
Ora che i mercati hanno perso la schiuma di fine anno, le valutazioni sono di nuovo interessanti, mentre i portafogli che si erano troppo esposti hanno già venduto. Il flusso dei dati macro resterà poco entusiasmante in febbraio e in una parte di marzo, ma poi tornerà positivo. Chi è leggero può cominciare a comprare fin da adesso.
(Nella foto: La sede della borsa vietnamita a Città Ho Chi Minh. In rialzo del 12 per cento da inizio anno)
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