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Gli sciamani della finanza, i derivati e la Talidomide

Le vertenze giudiziarie in merito ai derivati stipulati dalle PA in Italia stanno acquisendo una crescente criticità in merito alla definizione corretta delle responsabilità delle transazioni.

Se crolla il dollaro con un'economia costruita sulla delocalizzazione e quindi sull'importazione una sua svalutazione farebbe crollare i consumi interni, ma di chi è la colpa di questo disastro culturale? Le responsabilità sono da addossarsi solo all'incapacità di dette amministrazioni, nel caso italiano, o in generale anche al contesto culturale che nel tempo ha contribuito a fare diventare tali strumenti una sorta di verità incontrovertibile? Per ora, come ha confermato la Corte di Londra lo scorso anno, sembra più facile attribuirle alle PA (nessuna PA in Italia ci ha guadagnato ma solo perso, una Caporetto finanziaria). La Corte, però, ha dimenticato le scuse degli economisti alla Regina e le loro motivazioni che, nel 2009, indicavano chiaramente le responsabilità in una cultura della finanza fine a sé stessa e sempre più lontana dal mondo reale.

In questo modo si continua ad evitare di mettere in mora un contesto culturale che ha contribuito a rendere gli operatori, le banche d'affari e gli studiosi dell'Accademia una sorta di "sciamani della finanza", cioè guaritori imperscrutabili e magici dotati di un potere vitale da non mettere in discussione. Proviamo, dunque, a chiarire il perimetro vero delle responsabilità.

Certamente una classe politica inidonea, moralmente e culturalmente, al ruolo di conservazione del bene comune, ma più propensa alla raccolta del consenso a breve ed alla massimizzazione del proprio bene si è messa nella situazione di "incapace" oggetto di circonvenzione che però rimane un reato. Quindi le responsabilità cominciano da loro, ma è stato steso davanti a loro un magico tappeto da percorrere che garantiva il basso livello di rischio. Inoltre il patto di stabilità, come concepito fino al 2007, favoriva il cammino con una serie di divieti e di vincoli che paradossalmente spingevano gli enti alla stipula di derivati, consentendo così l'aggiramento del patto.

Il contesto culturale in cui ci si è mossi, però, sembrava in grado di garantire un rapporto rischi-benefici assolutamente profittevole. A partire dal primo Nobel alla finanza, 1990 a Markovitz, si è cominciato ad attribuire alla stessa una sorta di alone di verità incontrovertibile; l'economia che nasce come strumento per la "polis" (l'economia politica) assume, sempre più, una sua dimensione autoreferenziale e diventa sovraordinata alla "polis" le cui istanze vengono ignorate.

L'economia e la finanza vengono studiate con l'abito mentale delle scienze positive e quindi solo con l'uso determinante delle scienze esatte in una scienza che nasce e rimane, invece, una scienza sociale e morale; la natura dell'uomo è determinante nelle sue scelte ma viene ignorata. Gli studi assumono sempre più una connotazione scientifica in cui l'asimmetria informativa diventa uno strumento di potere in mano agli addetti ai lavori e crea una posizione di sudditanza culturale nei confronti dei terzi.

Il tema della simmetria informativa era il fondamento che "definiva" la razionalità dei mercati (Lucas, Nobel nel 1995) perché gli operatori a parità di informazioni decidono allo stesso modo: falso! Il decidere allo stesso modo presuppone che gli operatori non siano condizionati dal contesto socioculturale in cui operano quindi è naturale che un siciliano decida, a parità di informazioni, esattamente come un lettone.

La parità informativa, poi, sta per simmetria informativa che si verifica nella condizione mitologica della concorrenza perfetta, ma nella realtà il contesto finanziario è oligopolistico quindi opposto alla simmetria informativa che non esiste; ma se anche si volesse provare a crearla il fine della massimizzazione del profitto non può consentire tale via e la deve escludere. Vengono meno le condizioni e le ipotesi sulla razionalità dei mercati; ma ancora tutti i santi giorni dobbiamo sentire i media parlare dello spread che va su è giù asimmetrico rispetto ad una razionalità di cui dovrebbe essere diretta espressione: uno spread-chewingum (una sorta di gomma del ponte).

Un simile contesto di asimmetria informativa ha caratterizzato una drammatica situazione alla fine degli anni '50 quando venne messa sul mercato la "Talidomide" un farmaco per le donne in gravidanza con un ottimo rapporto rischi-benefici rispetto ai barbiturici in uso. Il farmaco, però, era stato sperimentato solo su cavie non gravide, contrariamente alle finalità applicative ed i risultati furono drammatici perché le donne incolpevoli che lo avevano assunto partorivano neonati amelici e focomelici. Di chi era la colpa? Delle donne che avevano assunto il farmaco, dei medici che li avevano prescritti o dei creatori del farmaco che l'avevano patentato come verità? In presenza di simmetrie informative il parere accademico diventa determinate per dare verità all'oggetto e contribuire a creare la fiducia delle pazienti. La ditta Tedesca produttrice del farmaco ha costruito, lo scorso anno, un edificio come memoriale e scusa alle vittime dopo 40 anni, speriamo di non dovere aspettare tanto tempo anche per altri simili problemi perché, come diceva il grande J.M. Keynes, nel lungo tempo siamo tutti morti.

Sul tema della finanza e dei suoi prodotti le responsabilità ricadono anche su coloro che, involontariamente o no, hanno contribuito a creare una falsa verità. La politica, la finanza e l'Accademia devono cominciare a rispondere delle loro responsabilità. Ora sembrerebbe di vedere un ritorno di fiamma sull'uso della liquidità e dei derivati nell'area euro, per esempio ai fini di risollevare il mezzogiorno. Ma è la strada giusta? E' necessario riflettere bene sugli errori passati ed evitarne la ripetizione soprattutto quando l'evidenza di quella dinamica in uso sembra avere solo peggiorato i problemi. Le PA non dovrebbero fare derivati perché non si gioca alla roulette con i soldi degli altri, specie quando la roulette è manipolata dal croupier; se, poi, il tuo debito è detenuto da terzi ne diventi, drammaticamente ostaggio come la nostra storia recente dimostra.

Il dissesto a cui siamo di fronte è stato causato da uomini e non da eventi naturali ed imprevedibili e questi uomini, spesso si sono laureati nella migliori università. Che valori morali si insegnavano in quelle università? Che responsabilità hanno questi uomini ed i loro maestri che hanno contribuito a metterci in questa drammatica situazione? Sarà bene cominciare a pensarci perché sbagliare è umano ma perseverare è diabolico e, oggi, a maggior ragione non è accettabile.
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