Sul piano economico la Cina procede sulle riforme (in particolare quelle del settore pubblico) e questo conta di più delle difficoltà congiunturali. Gli Stati Uniti sono comunque avviati anche per il quarto trimestre sulla strada di una crescita vicina al 3 per cento. Quanto all’Europa, c’è quanto meno la consapevolezza che i problemi non sono figli della recessione del 2008 e colpa dell’America. Ormai è chiaro a tutti che
è il modello generale europeo a essere in crisi e ad avere bisogno di un energico rinnovamento.
A tutti i paesi in affanno corrono poi in soccorso due potenti fattori positivi, il
dollaro forte e il
petrolio debole. Sono due fenomeni recenti e non hanno ancora dispiegato pienamente i loro effetti sui consumi e sulle esportazioni. Presto, in ogni caso, li vedremo nelle statistiche.
Lo spazio per una buona chiusura d’anno non si è dissolto, soprattutto se l’Europa si mostrerà più attiva nella risposta alla crisi. È però innegabile la sensazione che ci stiamo avvicinando a una fase nuova, che caratterizzerà probabilmente i prossimi due-tre anni. Ci aspetta una fase di ritorni di borsa molto più bassi rispetto a quelli che abbiamo avuto dal 2008 a oggi. La volatilità tornerà tra noi. In compenso i bond di buona qualità avranno meno a patire di quello che abbiamo pensato.
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