A lungo termine il problema è quello di evitare di limitare la crescita nel timore che i tassi alti creino gravi difficoltà ai debitori più deboli. Il
Geneva Report di cui molto si parla in questi giorni mette bene in rilievo le sabbie mobili in cui rischiamo di cadere e soffocare se non riusciremo ad alzare il livello della crescita o, quanto meno, l’inflazione.
Le narrazioni che si sentono in giro in questo periodo sono quattro. Secondo la prima cresceremo di più ma pagheremo questo con l’inflazione. Per la seconda cresceremo di più con poca inflazione. Per la terza tutto continuerà come è oggi e le borse continueranno inerzialmente a salire per effetto dell’espansione dei multipli. Per la quarta gli sforzi di riaccelerazione falliranno e precipiteremo nella deflazione.
Fino a tempi recenti il mercato si è diviso tra le prime due narrazioni. L’aggiunta di due nuove ipotesi complica il quadro. Avremo spostamenti diparadigma più frequenti, il che è un altro modo per dire che avremo più volatilità.
In una situazione così fluida sarà bene concentrare gli investimenti sull’economia più solida, quella americana, e sulla valuta che ne è espressione, il dollaro. La borsa andrà meglio degli altri asset nei primi tre scenari, i Treasuries lunghi andranno sufficientemente bene negli ultimi tre, il dollaro in tutti.
Il resto del mondo sarà più volatile e più fragile. Avrà momenti di gloria ma avrà anche cadute, dislocazioni e momenti di preoccupazione su questo o quel debitore. Andrà quindi inserito nella componente speculativa del portafoglio.
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