Facebook Pixel
Milano 18-apr
33.881,5 0,00%
Nasdaq 18-apr
17.394,31 -0,57%
Dow Jones 18-apr
37.775,38 +0,06%
Londra 18-apr
7.877,05 0,00%
Francoforte 18-apr
17.837,4 0,00%

La finanziaria e l’autunno del nostro scontento

Autunno, è tempo di finanziarie e di patto di stabilità, un rituale che si ripete sempre allo stesso modo

Nel 2001 il debito pubblico era 1350 mld/euro ed ora è prossimo ai 2250 mld/euro nonostante in questo periodo si sia potuto godere di bassi interessi sul debito; se si dovesse calcolare un interesse figurativo, desunto dalla media degli ultimi 20 anni, il nostro debito risulterebbe raddoppiato nonostante il patto di stabilità ed i controlli della UE sui bilanci. Nonostante il "rigore" dei controlli il debito è esploso per la parte corrente non per gli investimenti, ma funzionale a mantenere il consenso ed a fare vivere nell’illusione che una giornata limpida di sole ed alcionica potesse non avere mai fine.

Abbiamo distribuito ricchezza senza averla prodotta e questo ha creato aspettative, modelli di vita e di consumo che non possono più essere sostenibili. Il patto di stabilità fissato all’indomani dell’entrata nell’euro di fatto è dunque un termine "ossimorico" perché, evidentemente è tutto fuorché stabile. Il patto concepito da una cultura centrale antistorica e ossificata è asimmetrico al paese in quanto il modello centrale di controllo si contrappone alla diversità storica dei territori. Il controllo posto sui tetti di spesa e non sui risultati come dovrebbe essere ha peggiorato anno dopo anno la gestione con una palese irrazionalità ed incapacità di capire le aree di responsabilità.

Ne è nato "il tutti contro tutti", le amministrazioni centrali contro le periferiche, le istituzioni pubbliche contro quelle private, tutti a difendere i propri interessi facilitati da un impianto concettuale del patto disarticolato dalla realtà e quindi gli scontri sulle virgole di dettati normativi pensati su mondi astrali ma questo faceva il "gioco" ; tutti a perdersi a guardare la foglia e non a capire più la foresta.

Da 40 anni questo paese non produce più cultura vera ed un pensiero che consenta un serio esame di coscienza, ma vive solo della cultura della rendita che brucia, appunto come detto, ricchezza ma non la crea ed anche sul merito dell’appartenenza basato tutto sul "do ut des". Nel frattempo siamo entrati nella trappola mortale della finanza che è arrivata ad un accentramento senza pari nella storia, ma in una dimensione sovranazionale in grado di influenzare le decisioni dei singoli governi con indicatori come lo spread destituiti di razionalità economica perché i mercati non sono affatto razionali anche se fa comodo considerarli tali. Tutto l’impianto concettuale degli attuali metodi di studio dell’economia e della finanza si fonda su ipotesi infondate e smentite drammaticamente dai fatti ma è funzionale al croupier che gestisce la roulette.
Condividi
"
Altri Top Mind
```