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I numeri al lotto dell'OCSE

Ángel Gurría, segretario generale dell'OCSE, è venuto a Roma a presentare il Rapporto annuale sull’Italia

Trovo singolare che proprio il Segretario Generale Gurrìa venga in Italia a propalare gli effetti aggiuntivi sul PIL (6% in dieci anni) della nuova riforma del lavoro e nulla ci dica circa il tasso di crescita complessivo del PIL lungo lo stesso periodo. Inoltre l’OCSE ci viene a dire che il Jobs Act creerà 340 mila nuovi posti di lavoro in 5 anni, ma non ci dice cosa succederà agli attuali 7 milioni di senza lavoro divisi a metà circa tra disoccupati veri e propri e scoraggiati (quelli che non cercano il lavoro perché hanno capito che non ce n’è).

Inoltre viene da chiedersi se i 340 mila posti di lavoro di cui ha parlato Gurrìa includono o meno i 100 mila nuovi posti (già creati) su cui ha spensieratamente twittato il Presidente del Consiglio a fine gennaio. Già nel 2012, l’OCSE – quando c’era in forza Pier Carlo Padoan – si era esercitata in analoghe previsioni a sostegno della riforma Monti-Fornero. Sono passati quasi tre anni, ma di risultati positivi non ne abbiamo visti. Anche allora ci dicevano che i risultati si sarebbero visti in 4-5 anni e che occorreva pazientare. Anche ora la previsione dei 340 mila nuovi posti si svilupperebbe in 5 anni, ma non mi pare che ci sia alcuno scaglionamento annuale. Meno che mai mensile, come avviene ordinariamente negli Stati Uniti grazie anche alle elaborazioni della Federal Reserve che ha un modello econometrico del mercato del lavoro molto sofisticato – come ha spiegato la Presidente Yellen a Jackson Hole nel settembre scorso.

Nella UE, invece, le previsioni si spostano sempre in avanti, tanto la gente comune non capisce. E in materia l’OCSE propala previsioni anche a 50 anni. Fra 40-50 anni ci vorranno non solo valenti economisti, ma storici pignoli per verificare la correttezza delle previsioni dell’OCSE. Ecco perché mi sembra che detta organizzazione che, nei decenni andati, aveva costruito una buona reputazione nelle analisi e nelle ricerche economiche, più recentemente si sia ridotta ad un’Agenzia di disinformazione e propaganda che spende non poche energie a sostegno di politiche economiche fallimentari.

La prova più lampante di quanto affermo è proprio quello che è successo nei Paesi euro-mediterranei. Cito un caso solo. La Spagna avrebbe approvato e applicato una riforma del lavoro molto più seria di quella italiana: la disoccupazione in Spagna è ancora al 24% il doppio di quella italiana e della media eurozona. Quello che è successo in Italia lo testimonia più sobriamente il nostro Istat con dati di consuntivo purtroppo spietati e non con previsioni campate in aria.


Vedi anche:

L'OCSE crede nell'Italia. Alzate nuovamente le stime sul PIL
Disoccupazione in lieve calo nell'Area OCSE. Bene l'Italia
Riforme, la pagella dell'OCSE sull'Italia non è lusinghiera


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