Confrontando gli indici di borsa, continuerebbe lo studioso, possiamo affermare con un buon grado di certezza che la civiltà che reagì meglio alla terribile crisi fu quella tedesco-europea. L’
indice DAX, che nel 2007-2008 aveva toccato un massimo di 8067, si trovava infatti nel 2015 a 11850, con un
rialzo del 47 per cento. Più modesto fu invece il recupero della civiltà nordamericana. L’
SP 500, indicato nel 2007 a 1565, si trovava nel 2015 a 2040, con una
crescita del 30 per cento.
Non sappiamo quale sia stata la causa di questa differente performance. Probabilmente la politica monetaria e fiscale tedesco-europea fu più espansiva di quella nordamericana. È controversa la tesi di quegli storici che hanno avanzato l’ipotesi di massicci programmi di opere pubbliche nell’
Europa di quegli anni. Di queste opere, in effetti, non è ancora stata ritrovata alcuna traccia.
C’è invece consenso, tra i ricercatori, sul grave declino della civiltà cinese. La
borsa di Shanghai, che nel 2007 aveva superato quota 6000, si trovava praticamente dimezzata, nel 2015, a 3290. Pestilenze, guerre civili, invasioni dei Mongoli sono spesso citate come possibili cause.
Non va però trascurata l’ipotesi che le dinastie comuniste dell’epoca siano state totalmente
incapaci di varare quei programmi di infrastrutture (aeroporti, edilizia, ferrovie ad alta velocità) e di aumento della disponibilità di credito che all’epoca venivano spesso utilizzati per stimolare la domanda. In contrasto con il crollo cinese, la civiltà nipponica, protetta dal suo isolamento, si limitò a ristagnare, con un
Nikkei e uno
yen che, nel 2015, si trovavano esattamente sugli stessi livelli del 2007.
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