Un altro aspetto che ha contribuito a questo
cambiamento del ruolo della finanza nell'economia e nella vita sociale è legato al suo progressivo distacco dall'economia reale a cui dovrebbe essere se non asservita almeno collegata. La finanza ha assunto una dimensione globale, come valori espressi, assolutamente non paragonabile all'economia reale - l'ammontare solo dei derivati è oltre 20 volte il PIL mondiale annuo - così ha una sua vita che sembra indipendente dall'economia reale e non rappresentativa del valore da cui dipende. La moneta, infatti, e quindi la finanza hanno un valore fiduciario, in sé la moneta cartacea ha un valore nullo, ma rappresentano una promessa di pagamento; su ogni banconota emessa dalla corona inglese sta scritto: prometto di pagare al portatore della presente la somma di...
Con l'avvento dei sistemi elettronici la moneta è diventata sempre più virtuale e questo contribuisce a farle assumere ancora una dimensione indipendente dal valore reale che rappresenta; se i portatori passassero all'incasso avremmo, probabilmente, un default globale. L'immensa liquidità immessa sul mercato ha alterato il valore reale dei beni da quello finanziario che determina il primo, così diventa facile per chi è in grado di governare la finanza usare i valori finanziari come strumento per la realizzazione di interessi che vanno ben al di là dei mercati.
Inoltre
il contesto in cui si opera nella finanza è tale da amplificare le debolezze umane; in particolare il distacco dall'economia reale favorisce la propensione all'euforia, alla depressione e rende inefficienti, come la realtà ci dimostra, i mercati finanziari che sembrano anticipare con esattezza gli eventi futuri mentre sono le aspettative degli eventi futuri che regolano i mercati; ma le aspettative non sono conoscenze. I mercati, pertanto, divengono in modo molto diverso a quello che sarebbe se fossero fondati solo sulla conoscenza. L'approccio all'analisi finanziaria basata solo sulle scienze esatte ha dato l'illusione di una governabilità del sistema distaccata dal mondo reale, la conoscenza è diventata autoreferenziale inducendo gli studi ad innamorarsi dei modelli in una sorta di “miraggio della razionalità”. Il distacco dal mondo emozionale dell'uomo ha progressivamente reso inidonei i modelli ad interpretare la realtà, incapaci di prevedere l'evolversi dei fatti fino a ridosso della loro manifestazione, la crisi ne è una lampante manifestazione, e di trovare i giusti rimedi dopo.
Infine
la finanza opera in un contesto amorale perché chi decide in finanza non si pone il problema delle conseguenze sociali della sue decisioni, come succede a chi opera nell'economia reale, spinto dalla massimizzazione del risultato a breve lesivo degli interessi collettivi che richiedono invece un orizzonte temporale di lungo tempo. In questo modo la finanza diventa un modo per perseguire l'arricchimento personale nel più breve tempo possibile e come una sorta di paradiso artificiale attrarrà, come vedremo un numero crescente di occupati; lavorare nel mondo della finanza diventerà un “must” per le giovani generazioni illudendole drammaticamente.
Ma perché siamo arrivati a questo punto e quali sono i reali problemi che ci troviamo ad affrontare? La crisi a cui siamo di fronte da anni ha un'origine nella finanza e nel ruolo che essa è andata assumendo nella nostra vita ed in quella della nostra società oppure ha origini più profonde e lontane legate al fallimento di modelli socioculturali che l'esclusiva attenzione all'economia ed alla finanza ci impedisce di capire? Come possiamo capire l'attuale fase storica per rispondere in modo corretto ai problemi che abbiamo davanti? Proviamo a delineare un percorso di analisi che ci possa aiutare ad individuare meglio lo stato dell'arte.
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