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Il fallimento di una classe dirigente

Non possiamo tradire i sacrifici dei nostri vecchi e le speranze dei nostri giovani e fare la fine della rana nella pentola

L'economia reale, l'artigianato, il commercio, la manifattura, il mondo agricolo, le medie e piccole imprese (95% degli occupati) sono la nostra storia e da lì dobbiamo ripartire per dare speranza e fiducia ai giovani. Siamo leader nel mondo in diversi settori manifatturieri, nonostante tutto, ma avviare una semplice attività imprenditoriale oggi sembra più difficile che mandare un razzo sulla Luna.

Allora come facciamo a creare posti di lavoro se non riprendiamo un cammino creativo che ha fatto la storia del paese? Va incentivato e favorito questo mondo di libera creatività imprenditoriale per competere in modo nuovo su un mercato globale – una fantasia che ci è riconosciuta e deriva da secoli di artigianato che non ha pari nel mondo - e non imbrigliato da una burocrazia ottusa e da una finanza locusta che come le sirene di Ulisse ci ha fatto perdere il contatto con la nostra storia.

La politica nel senso più nobile, come la pensavano gli antichi Greci- “polis – ethos“-, dovrebbe aiutarci ad uscire da un guado in cui rischiamo di rimanere, ma anch'essa è più ridondante di slogan che di idee innovative e coraggiose in grado di rispondere ad un mondo nuovo, una sfida che non possiamo affrontare con la retorica ma con il pensiero. Non si sente un politico fare un pensiero compiuto che abbia un suo senso espositivo ed una sua logica strutturale; alcuni di questi farebbero fatica a superare un test di ammissione all'asilo se ci fosse; una possibile riforma? In questa confusione non si riesce più a capire cosa è giusto e cosa no, cosa e come fare e cosa e come non fare e tutto finisce nel dramma delle inutili e dannose accuse reciproche.

Così siamo eternamente nella saga delle riforme-non riforme, tutte eteree e lontane dal risolvere i problemi, pressati dall'urgenza di fare alla svelta, “presto e bene non si conviene“ ma pensare costa fatica, tempo e non paga subito e allora via con il nulla. Abbiamo subito un modello fatto di contatti fulminei, virtuali con un numero limitatissimo di parole, basato sull'effetto annuncio fatto di twitter, facebook, selfie e tutto l'armamentario che allontana dal pensiero vero.

Questa non-cultura scivola sull'onda, come un “surf“, più velocemente del tempo che sarebbe necessario per andare in profondità e provare a capire chi siamo, da dove veniamo e dove e come vogliamo andare così finiamo per complicare i problemi, perdere la bussola e diventare prigionieri di giochi più alti ed esterni a noi. Ancora una volta, infatti, si affrontano i problemi a valle e non quelli a monte rischiando di andare in loop per l'asimmetria creata tra paese reale e quello istituzionale continuando a ragionare sui mezzi quando è giunto il tempo di mettere in discussione i fini. Senza una visione più lucida dello scenario a tendere per risolvere un problema si complica il tutto.
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