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Oro opaco

La caduta delle materie prime non significa né deflazione né recessione

Quanto alla Cina, la persistenza di un surplus commerciale e la volontà politica di rafforzare con ampie riserve d'oro l'immagine del renminbi dovrebbero deporre a favore di una prosecuzione degli acquisti ufficiali di oro. Nella realtà, tuttavia, la crescente fuga di capitali (dovuta probabilmente ai timori della classe medio-alta di cadere vittima della campagna di moralizzazione in corso) sta provocando, per la prima volta, una riduzione delle riserve valutarie. Con meno soldi in cassa, la banca centrale cinese deve per forza limitare anche il suo impegno sull'oro.

I mercati finanziari, in particolare le borse, tendono a vivere la discesa dell'oro, del petrolio e delle materie prime molto male. Invece di cogliere la sovrabbondanza dell'offerta vi leggono infatti una debolezza della domanda e pensano quindi a un rallentamento o addirittura a una recessione in arrivo. I bond, dal canto loro, si cullano un po' troppo nell'idea che l'inflazione sia molto lontana e leggono semmai nell'oro debole la possibilità di deflazione.

Miniera d'oro abbandonata in SpagnaIn realtà la debolezza delle materie prime non segnala di per sé né deflazione né recessione. La Fed ha in questo momento occhi solo per l'inflazione salariale, che comincia a dare segnali di vita e che vale da sola un aumento dei tassi. Quanto alla crescita globale, la mancanza di forza che stiamo vedendo è la stessa che vediamo da sei anni, né di più né di meno, per il momento.

La disponibilità a finanziare i produttori di materie prime in perdita non sarà eterna. I primi default obbligazionari raffredderanno gli entusiasmi e piano piano i produttori marginali saranno costretti a uscire di scena, rendendo più equilibrato il rapporto tra domanda e offerta. Bisogna però dare tempo al tempo. Ci sembra quindi ancora presto per comprare oro e materie prime.

Borse e bond, dal canto loro, si preparano a un agosto relativamente poco volatile. Non inganni, però, la calma apparente. Sotto la superficie il mercato è nervoso. La Fed alzerà i tassi in settembre e, di nuovo, in dicembre o gennaio. Non sarà una tragedia, per carità, ma bisognerà abituarcisi.

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