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Investire in un mondo artificiale

Nel corso del tempo è cambiato parecchio anche il rapporto tra mercati finanziari e volontà politica. L'Ottocento si dota di un sistema automatico di regolazione dell'economia globale, il Gold Standard, che, proprio perché automatico, costringe gli stati ad adattarvisi e toglie loro spazio di iniziativa fiscale. Lo stato raccoglie quel tanto di soldi che occorre per fare le guerre e per il resto lascia liberi i mercati finanziari di fluttuare come vogliono e le banche di fallire (i salvataggi sono l'eccezione, non la regola).

Il Novecento vede però un enorme ampliamento dello stato. Le guerre costano molto di più, i settori industriali e le banche in crisi vengono nazionalizzati, viene creato il welfare per prevenire la deriva socialista delle masse. Resta tuttavia in piedi il sistema automatico di regolazione dell'economia globale. I cambi, a parte il riallineamento valutario degli anni Trenta e quello immediatamente successivo al 1945, rimangono agganciati all'oro e, dopo Bretton Woods, al dollaro. Le borse sono però ancora libere di andare dove vogliono.

Fernand Léger. Les constructeurs, état définitif. 1950Dopo il 1971 si rompe il sistema automatico dei cambi fissi e tutto prende a fluttuare nel più grande disordine. Gli stati nazionali riprendono sovranità sui cambi ma i mercati si accorgono presto che tante piccole volontà politiche, quelle dei singoli stati, sono più deboli del sistema automatico universale che le aveva precedute e così un solo speculatore, George Soros, piega nel 1992 la Bank of England e la costringe a svalutare. Anche i mercati obbligazionari, repressi dal 1933 al 1971 dalla sorveglianza delle banche centrali e dalla volontà politica di mantenere i tassi reali a lungo termine vicini a zero, ritrovano spazio di libertà e ne approfittano per ristabilire tassi reali positivi. Quanto alle borse, ridivenute nel frattempo un soggetto macroeconomicamente importante, le banche centrali provano a indirizzarle ma i loro moniti cadono nel vuoto. Da termometro della salute economica le borse diventano, insieme con il mercato immobiliare, un fattore destabilizzante e amplificano le crisi, come risulta evidente nel 2008.

La crisi del 2008-2009 coincide con l'inizio del drammatico aggravarsi del quadro demografico globale. Gli stati nazionali, già con alti livelli di indebitamento prima del crash, si trovano davanti a sfide molteplici. C'è da ammortizzare con il welfare il costo sociale della crisi, ci sono le banche da salvare e ci sono i nuovi oneri sanitari e previdenziali dovuti all'invecchiamento della popolazione.
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