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50 sfumature di grigio

Un'eco del 1994-95 e del 1997-98, non del 2008

Il 1997-98, dal canto suo, vide di nuovo una forte discesa dei bond, un bear market delle materie prime di proporzioni paragonabili a quello di oggi, il crollo delle valute asiatiche e il default a catena di molte società di paesi emergenti e della Russia. Alcune borse emergenti giunsero a perdere il 70-80 per cento del loro valore. L’indice ISM del settore manifatturiero, ha fatto notare David Rosenberg, scese in America sotto 50 per tutta la seconda metà del 1998.

Piet Mondrian. Composizione n. 2. 1913A differenza che nel 2008, quando crollò tutto (con la sola eccezione della Cina), le due crisi degli anni Novanta videro pesanti sfaldamenti alla periferia del sistema (con un coinvolgimento, come abbiamo visto, del manifatturiero americano) ma una tenuta del centro. E se il centro del sistema sono Stati Uniti e (in misura minore) Europa, il centro del centro è il consumatore americano, che da solo costituisce il 70 per cento del PIL. Nel 1997-98, mentre le borse tremavano, i consumi americani continuarono tranquillamente a crescere a una velocità annualizzata del 5 per cento.

Anche oggi, mentre ci concentriamo sulle difficoltà di materie prime, emergenti e manifatturiero, il consumatore americano, grazie ai 200mila posti di lavoro creati ogni mese, procede solido e imperterrito. Certo, il ritmo di crescita dei consumi è la metà di quello dei felici anni Novanta, ma è più sano, perché non è drogato dal credito. Oggi per comprare una casa occorre versare il 25 per cento in contanti, allora bastavano una firma e un mutuo. In queste condizioni è difficile pensare a un collasso improvviso dei consumi come quello del 2008-2009.
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