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Geopolitica

Ce la siamo dimenticata, forse incautamente

Non bastasse il ricco menu di misure monetarie, il 20 dicembre si voterà in Spagna. Rajoy ha fissato le elezioni, che devono essere comunque tenute quest'anno, il più tardi possibile per dare modo alla ripresa economica di dispiegare i suoi effetti anche sulla percezione degli elettori e i sondaggi sembrano dare ragione a questa scelta. Il caso portoghese, tuttavia, è lì a dimostrare che il risanamento economico può evitare derive populiste radicali, ma non mette al riparo dall'instabilità politica e dalla tentazione di cavalcare le ampie sacche di malessere prendendo le distanze dall'Europa e dal rigore di bilancio.

Frank Stella. Delaware Crossing. Venduto da Sotheby's a 13,5 milioniLa Spagna ci ricorda dunque che quei rischi geopolitici che non mancavano mai di essere segnalati da tutti gli analisti di mercato negli anni tra il 2011 e il 2014 e che sono lentamente scivolati sullo sfondo delle nostre preoccupazioni sono ancora tutti lì dove li abbiamo lasciati. La calma di queste giornate di attesa delle grandi decisioni di dicembre ci dà l'occasione per una breve rassegna di questi rischi e delle possibili implicazioni di mercato.

Il paragone con il 2011, l'anno in cui si è parlato di più di geopolitica, non è lusinghiero. Le primavere arabe hanno creato qualcosa di positivo, forse, solo in Tunisia. Per il resto il bilancio è sconsolante. I tiranni sono stati rimpiazzati dal caos, come in Libia e nel Levante, o da tiranni più efficienti che governano con il pugno di ferro società profondamente divise come quella egiziana.

70,5 milioni per questo Untitled (New York City) di Cy TwomblyIl Levante si è balcanizzato ed è attraversato da tensioni profonde tra sciiti e sunniti, iraniani e sauditi, turchi e curdi, sunniti ultraradicali e sunniti delle monarchie tardofeudali. L'Iran è più vicino alla bomba di quanto non fosse nel 2011 e alla grande corsa agli armamenti nucleari si sono iscritti nel frattempo anche l'Egitto e l'Arabia Saudita. Siria, Libano e Iraq sono ormai suddivisi in almeno tre parti ciascuno.

L'Isis, come dice Richard Haass, una delle menti migliori della politica estera americana, è destinato a rimanere tra noi non per mesi ma per molti anni. E non è un mistero che l'Isis veda come sua naturale espansione gli eredi dei due regni in cui si divideva la penisola arabica fino al 1932, l'Hejaz, ridotto oggi alla Giordania, e il Nejd, governato da tre secoli dalla casa di Saud.
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