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L'irrilevanza della riforma del Senato

Dicono che il governo non riesce a legiferare. Il problema è che legifera male e troppo

Un secondo argomento mistificatorio è quello della semplificazione che suona bene all'orecchio dei cittadini poco avvertiti e/o degli elettori ansiosi di delegare ad altri i problemi delle scelte difficili. Una società moderna è un organismo molto complesso. La complessità va studiata e compresa in tutti i suoi risvolti. Questo processo richiede tempo e pazienza.

Ma torniamo all'argomento principale. Il governo Renzi sta portando a termine una riforma costituzionale che, a mio giudizio, è un vero pasticcio. Un punto importante di essa è la riforma del Senato in cui entrerebbero consiglieri regionali in carica. La loro scelta avverrà con una modifica futura dei sistemi elettorali regionali attraverso una non meglio identificata procedura che darebbe agli elettori la facoltà di indicare quali rappresentanti regionali potranno rappresentare la Regione al Senato non delle Regioni ma delle autonomie. Un'aggettivazione questa che cambia di molto l'idea portata dalle forze federaliste e dalla Lega Nord di un Senato federale. Qual è la differenza? È sostanziale. Il governo Renzi, in continuità con i governi degli ultimi cinque anni, ha sospeso l'attuazione della riforma federalista del 2001 e della successiva legge delega n. 42/2009.
norme, leggi
Un Senato delle autonomie che non ha voce in capitolo nell'approvazione della legge di stabilità non ha niente di federale e supera lo stesso modello di Stato regionale che è scritto nella Costituzione del 1948. Resta la navetta su una serie di competenze legislative condivise in materia di leggi costituzionali, elettorali, di struttura degli organi di governo, di funzioni fondamentali dei comuni e delle città metropolitane, di regole di partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione delle politiche dell'UE, di leggi sulle incompatibilità e ineleggibilità. Come si può capire, in teoria, si tratterebbe di leggi che, per la verità, non dovrebbero richiedere continue modifiche e manipolazioni.

Qui casca l'asino. Guardando per ora solo agli aspetti interni al nostro Paese, il problema non è la navetta ma la pretesa tutta italiana – ovviamente illusoria – di amministrare legiferando a getto continuo. Il primo problema è quindi la legislazione alluvionale, incerta e confusa. Siamo anni luce lontani dai tempi in cui Tremonti contrapponeva la legislazione per principi a quella casistica che il legislatore italiano ama praticare. Le sue leggi sono delle vere e proprie enciclopedie che nessuno riesce a leggere da cima a fondo. Come ha scritto Victor Uckmar, una legislazione incerta, confusa, di tipo alluvionale fa straripare i fiumi meglio regimentati. Senza saperlo, ci troviamo spesso a violare leggi che non conosciamo neanche e, quindi, possiamo essere tutti incriminati a prescindere dalla propensione a delinquere (Remo Bodei). Portando alle estreme conseguenze questo tipo di analisi Giulio Tremonti nel 1997 raccoglieva una serie di suoi saggi in un libro dal titolo sconvolgente “Lo Stato criminogeno” (Sagittari, Laterza). Ma al governo il nostro si dimenticava del tutto delle sue riflessioni di studioso e, come ministro dell'economia e delle finanze, come legislatore, di lunga lena, si è comportato in modo conforme alla prassi. Per altre pertinenti considerazioni sul punto mi sia consentito rinviare a un mio precedente post "La legge criminogena".
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