Che succede allora? Perché la Yellen 2016 sembra volere sostenere i mercati inventandosi
tutte le scuse possibili per non alzare i tassi, mentre la
Yellen 2015 cercava chiaramente di farli correggere?
Che cosa è cambiato? La politica non può spiegare per intero questa svolta. Certo, quest'anno c'è da aiutare
Hillary Clinton a diventare presidente e una Fed democratica deve dare il suo contributo. Prima ancora c'è il
referendum su Brexit in giugno ed è ben noto tra i sondaggisti che un clima di malessere economico o borsistico come quello che abbiamo vissuto tra gennaio e febbraio favorirebbe gli Out.
Più strutturalmente,
una crescita percepita come insufficiente favorisce a Washington e in tutta l'America un clima ostile nei confronti della Fed, indicata a torto o a ragione come concausa della stagnazione, complice delle banche e meritevole di un ridimensionamento drastico di funzioni e poteri.
I motivi principali della svolta della Fed sono però altri due. Il più importante e strutturale è la
Cina, citata continuamente dalla Yellen nel suo discorso. Per la prima volta la Fed assume esplicitamente anche il ruolo che di fatto ha sempre avuto, quello di
banca centrale cinese. Se si vuole impedire
quello che è successo in agosto e in gennaio, una svalutazione del renminbi che, pur modesta, ha gettato nel panico i mercati globali, bisogna che il dollaro sia percepito come stabile o, meglio ancora, come tendente al debole. Solo così, con buona pace di Soros e di Kyle Bass, verrà tenuta a freno la speculazione ribassista sul renminbi. Dal canto suo la Cina, nel momento in cui conferma il cambio semifisso con il dollaro, consegna di fatto la sua sovranità monetaria alla Fed, che in cambio deve tenere conto delle esigenze cinesi molto più di quanto non abbia fatto in passato.
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