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MPS e il Fuzzy MIB: breve cronaca di una tragedia borsistica

Breve cronaca numerica di una delle più pesanti horror stories borsistiche dell'Italia contemporanea

Questo post non vuole in alcun modo rappresentare un giudizio sul titolo MPS, né sul management o sulle prospettive future: vuole semplicemente essere una breve cronaca numerica di una delle più pesanti horror stories borsistiche dell'Italia contemporanea.

Chi scrive, non a caso si rifiuta da anni di rispondere in seminari e interviste a domande su questo titolo e si è sempre trincerato dietro un “no comment”.

Il livello massimo di MPS venne toccato nel 2007, alla vigilia della grande crisi e fu (con i dati corretti dai vari aumenti di capitale) 81.31 EUR. Da allora MPS è solo scesa con qualche rimbalzo di una certa entità (2009, 2011, 2014) ma l'ultima chiusura annuale di segno positivo è quella del 2006: dal 2007 in poi si sono registrate solo chiusure annuali di segno negativo per il titolo, 10 anni negativi che lo hanno portato dove è ora, cioè vicino a 0.20. Questo significa una perdita del 99,7% dai massimi ma anche dell'82% semplicemente dalla chiusura di fine 2015 di 1.23.

Grafico Banca MPS

MPS è il caso più eclatante, ma non è certo l'unico: ci sono molti altri titoli del settore bancario che sono ai minimi degli ultimi anni e decenni. Qual è il loro futuro? Il dato interessante viene dai volumi: è difficilmente spiegabile come un settore che si è rivelato la palla al piede di un mercato che invece, per molti altri versi, ha generato negli ultimi anni e specialmente dopo il 2012 performance importanti come quelle di Campari, Terna, Snam, ma anche di Enel, A2A, Prysmian, Recordati, continui ad essere non solo il più guardato e chiacchierato dagli investitori ma anche di fatto il più trattato, come provano i dati espressi nella tabella che segue.

Tabella volumi

Sulla base dei volumi medi di controvalore scambiato (= volumi reali), tra i sei titoli dominanti, che da soli muovono il 57% dei volumi del mercato, ve ne sono due con contribuzione positiva al trend dell’indice (ENEL, ENI), un titolo con una contribuzione neutra (UNICREDIT) e tre con contribuzione negativa (FIAT, INTESA, GENERALI).
Le banche (finora grande fattore di vulnerabilità) pesano per il 40% sul volume di scambi dell’indice.
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