Partiamo dalla Fed. Potrà non fare assolutamente nulla per tutto il 2016, perché l'inflazione è ancora bassa. Potrà alzare i tassi il 20 settembre e annunciare che per qualche mese starà alla finestra a vedere gli effetti della sua decisione. Il mercato, superata l'iniziale sorpresa, considererà l'aumento come una conferma della forza dell'economia, guarderà ai prossimi sei mesi senza la paura di altri rialzi e arriverà di slancio all'8 novembre, il giorno delle presidenziali.
In alternativa la Fed ci dirà il 20 settembre che tutto è pronto per un
rialzo in dicembre. Il mercato tirerà un sospiro di sollievo e avrà tutto il tempo di prepararsi per il rialzo di fine anno, arrivando comunque perfettamente tonico alle elezioni dell'8 novembre.
L'unica strada che può disturbare i mercati è quella lasciata aperta da
Stanley Fischer, il
doppio rialzo settembre-dicembre. È però legittimo pensare che Fischer, il più falco della troika che guida la Fed, abbia volutamente alluso a due rialzi sapendo benissimo che ce ne sarà uno solo, ma creando così le condizioni per un sospiro di sollievo in dicembre.
Perché, ci si può chiedere, il rialzo del dicembre scorso fu un mezzo disastro e quello di quest'anno dovrebbe invece essere accolto da mercati azionari sui massimi storici e bond pacificati e tranquilli? La ragione è che
nel 2015 la Fed ebbe paura di alzare quando le cose andavano bene e, di rinvio in rinvio, si sentì a un certo punto a un passo dalla perdita totale di credibilità finendo con l'alzare i tassi, con una decisione quasi isterica, proprio mentre l'economia stava iniziando a rallentare e mentre la Cina stava entrando in un trimestre di recessione.
Da allora
la Fed ha imparato che è meglio alzare quando si può piuttosto che quando si deve. E quando si possono alzare i tassi? Quando l'economia va bene, il dollaro è calmo e i mercati sono tranquilli.
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