E del resto,
sono stati imposti i dazi del 35 per cento? No, e nemmeno se ne sta discutendo. È stato costruito il muro? No, e nemmeno se ne sta discutendo.
Sono stati deportati i milioni di clandestini messicani? No, e nemmeno se ne sta discutendo dal momento che è bastato un giudice delle Hawaii a bloccare sul nascere tutto l’imponente piano sull’immigrazione prospettato da Trump in campagna elettorale.
E ancora.
È stata cancellata la riforma sanitaria di Obama? No. Sono stati spostati gli equilibri nella Corte Suprema? No. I democratici stanno facendo un ostruzionismo senza precedenti su qualsiasi nomina e i ministri che sono riusciti a insediarsi non hanno ancora nemmeno un vice sul quale appoggiarsi perché anche sulle nomine dei vice c’è ostruzionismo.
Proseguiamo.
È esploso il disavanzo pubblico americano? No, si è ridotto. Si è visto un dollaro per le infrastrutture? Ancora no. Si è visto qualcosa di concreto sulla riforma fiscale? No, ma in compenso dal 15 per cento di aliquota proposto per le imprese in campagna elettorale si è passati a discutere del 20, poi del 25 e adesso del 28, dal momento che il
border adjustment, la tassa sulle importazioni che aveva fatto gridare al ritorno degli anni '30 e che doveva finanziare l’abbattimento delle aliquote, è quasi scomparso dall’orizzonte.
È iniziato il processo di deregulation? Ancora no. La crescita è salita? No, siamo sempre al due per cento. I dati di sentiment sono strepitosi, ma tutti sono così felici da non sentire il bisogno di comprare più auto o più case.
Insomma, le elezioni sono state all’inizio di novembre, fra poco siamo in aprile e dell’uragano di riforme su cui i mercati hanno impostato tutta la loro attività in questi mesi non si è visto ancora nulla.
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