La svolta centrista e proestablishment di Trump è spettacolare e velocissima non solo in politica estera (con la
Russia ripristinata nella sua posizione di nemico pubblico e
Xi Jinping omaggiato in tutti i modi in cambio di vaghe promesse sull’apertura cinese ai servizi finanziari americani) ma anche e soprattutto sul versante domestico. Il grande finanziatore e creatore di Trump presidente, quel Robert Mercer dell’hedge fund Renaissance Technologies che due anni fa spiegò a Trump sondaggi alla mano che una campagna elettorale populista avrebbe sbaragliato qualsiasi candidato di sistema, sta perdendo ogni residua influenza con il ridimensionamento di
Steve Bannon, il suo uomo nella
West Wing.
Avanziamo l’ipotesi che il
centrismo prevarrà anche in Francia, in Italia e in tutta l’Europa. Nonostante la forte ascesa di Mélenchon e la tenuta della Le Pen,
Macron resta ampiamente favorito. È probabile che governerà con una grande coalizione parlamentare tra i socialisti, i gollisti e il suo partito, En Marche. La possente impalcatura costituzionale della Quinta Repubblica si piegherà per fare posto alla grande coalizione (così come si piegò già negli anni Ottanta per fare posto alla coabitazione tra presidente e governo di colori diversi) ma continuerà ad assolvere la sua funzione essenziale di barriera contro le estreme. Dovessero poi vincere
Mélenchon o la
Le Pen, entrambi si troverebbero a dovere coabitare con un governo moderato (il governo può essere sfiduciato dall’Assemblea Nazionale, che dopo il voto di giugno rimarrà con una salda maggioranza proeuropea).
In Italia avremo tre schieramenti elettorali ma solo due esiti di governo realisticamente possibili. Da una parte una grande coalizione di sistema, la più probabile, e dall’altra una
coalizione antisistema Cinque Stelle - Lega. La seconda avrebbe una dispersione di posizioni maggiore della prima ma entrambe sarebbero sostanzialmente centriste.
Nel caso probabile di vittoria di Macron l’
euroscetticismo italiano risulterà isolato e si dovrà accontentare alla fine, in caso di vittoria, della creazione (o della discussione sulla creazione eventuale) di una
valuta complementare, il cosiddetto
euro fiscale. La valuta parallela in modica quantità e a circolazione locale è abbastanza innocua. Se la quantità è elevata è da considerare l’anticamera della messa fuori corso della valuta ufficiale, ovvero della sua sostituzione.
Varoufakis la propose in Grecia e
Tsipras la rifiutò e licenziò Varoufakis. In Italia la confusione e l’ansia create dalla valuta parallela sarebbero di gran lunga superiori agli eventuali benefici.
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