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Note sul Rapporto Svimez 2017 sull'economia del Mezzogiorno

Il Sud aggancia la ripresa con una crescita del PIL dell'1,3% rispetto all'1,6% del Centro Nord, ma la ripresa è congiunturale e non strutturale


La svalutazione interna imposta dalle politiche economiche adottate a livello europeo ha funzionato in maniera perversa come previsto da centinaia di economisti. E' aumentata la mobilità del lavoro che si è tradotta in una forte emigrazione verso le aree del Centro-Nord del Paese e dell'Europa. Il capitale sociale si è ulteriormente indebolito. Da una nuova ricerca fatta dalla Svimez risulta che in un quindicennio il Sud ha perso 200 mila laureati. A fine 2016, 62 mila abitanti residenti e ancora 28 mila nel 2017 con i dati fin qui rilevati. Inoltre è in forte aumento il pendolarismo con 208 mila persone che si spostano per un quarto circa all'interno del Mezzogiorno e per i rimanenti ¾ al Centro-Nord. Evidentemente c'è ancora speranza o determinazione a trovare un lavoro.

Il Rapporto Svimez, come noto, è un ponderoso volume ricco di analisi, valutazioni della situazione in essere e delle politiche adottate fin qui, nonché di proposte come le ZES (zone economiche speciali) per risolvere i problemi aperti dell'economia meridionale che evidentemente condizionano anche la crescita del Centro-Nord e indirettamente anche dell'Eurozona. Anche sul Mezzogiorno pesano le regole per qualche aspetto perverse del Patto di stabilità e crescita e del Fiscal Compact con annessi regolamenti.

Non potendo trattare tutti questi problemi interconnessi in questa breve presentazione del Rapporto mi limito ad alcune osservazioni conclusive sulla questione fiscale e i trasferimenti nazionali e comunitari. I flussi redistributivi verso le regioni meridionali si sono ridotti del 10% circa da 55,5 a 50 miliardi senza tener conto che parte di questi fondi attivano acquisti nel Centro Nord per circa 20 miliardi secondo la stima della Svimez. Infatti con tutte le cautele sul calcolo del c.d. residuo fiscale va tenuta in debito conto la forte interdipendenza economica e commerciale tra Nord e Sud anche nella valutazione del discorso sull'attuazione dell'art. 116 comma 3 della Costituzione come riaperto dai referendum delle regioni a statuto ordinario della Lombardia e del Veneto che chiedono maggiori competenze e, quindi, maggiori risorse per finanziarle.

A mio avviso la richiesta delle suddette regioni è condivisibile a condizione che su funzioni importanti richieste sia preventivamente disponibile una seria analisi costi e benefici che dimostri sul serio la fattibilità di una gestione più efficiente. E non basta, occorre anche che tutte le Regioni accettino la costruzione di un efficiente ed efficace sistema di trasferimenti compensativi e perequativi come previsto dal decreto legislativo n. 56 del 2000 e abbandonino il metodo discutibile dei Patti annuali della salute, e di quelli più generali ma non meglio definiti degli ultimi anni.

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