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Kulturkampf

Criptovalute, il conflitto tra passatisti e futuristi


Valuta criminale. Che cosa usavano le mafie prima delle criptovalute? Le banconote da 500 euro e, prima ancora, quelle da 500 e 1000 marchi, più diffuse in Kosovo che in Germania. Tutti lo sapevano e la Bundesbank per prima si oppose sempre strenuamente all'adozione di tagli più piccoli.

E che cosa studiano oggi le banche centrali per abolire il contante il giorno in cui, alla prossima recessione, cercheranno di applicare sui depositi tassi negativi del 4-5 per cento? Studiano il blockchain.

Impatto ambientale. È vero, il processo di validazione delle transazioni in bitcoin è il più sicuro che esista ma consuma una quantità enorme di energia, pari a quella consumata dall'intera Danimarca, e riscalda il pianeta. Per come è disegnato il meccanismo del bitcoin, tuttavia, l'energia necessaria non aumenterà oltre i livelli attuali in caso di aumento delle transazioni e anzi diminuirà gradualmente.

Miniera in CongoAttenzione poi a non fare gli ambientalisti a senso unico. Il cobalto per le auto elettriche che tanto ci scaldano i cuori richiederà l'apertura di molte nuove miniere nel cuore della foresta pluviale del Congo e destabilizzerà ulteriormente un paese che, proprio per le sue ricchezze, è da decenni percorso da conflitti civili di ogni genere che hanno provocato milioni di vittime e di profughi e un danno ambientale ben più rilevante di quello provocato dal bitcoin.

I rischi. La più grande minaccia per le criptovalute viene dall'interno. Il primo problema è la governance. Stiamo già vedendo come l'elegante semplicità del bitcoin cominci a essere pasticciata con l'emissione di serie speciali parallele che frammentano e confondono il mercato e rendono più facili gli abusi degli intermediari.

Poi c'è la proliferazione indiscriminata di nuove valute. Certo, la selezione naturale ne farà sopravvivere solo una parte, ma molti investitori resteranno vittime di iniziative improvvisate o fraudolente.

Prima o poi, d'altra parte, a qualcuno verrà in mente di ingegnerizzare ulteriormente le criptovalute creando derivati di volatilità, Etf a leva di derivati di volatilità e altri simpatici strumenti a forte rischio di implosione o esplosione. Gli incidenti potranno coinvolgere le stanze di compensazione e quindi, potenzialmente, chiunque tratti derivati di qualsiasi tipo.

I regolatori, che in questo momento osservano gli eventi con un atteggiamento da scienziati (lo stesso animo con cui osservarono nel 2007 il proliferare di nuove tecnologie finanziarie), potrebbero a un certo punto reagire e infilare fra gli ingranaggi bastoni di ogni tipo. Il fisco, in questa fase ancora sonnecchiante e tecnologicamente in affanno, potrebbe risvegliarsi ed esigere la sua parte.

Teoricamente, le criptovalute potrebbero essere semplicemente costrette alla clandestinità. Certo, più si aspetta a regolarle e più diventa imbarazzante, difficile e rischioso intervenire su un mercato sempre più ampio. Ma non dimentichiamo che Roosevelt, nel 1934, non esitò a mettere fuori legge niente meno che l'oro (che a quei tempi era ben più importante di quanto non siano oggi le criptovalute) perché faceva concorrenza ai suoi dollari svalutati.

Le criptovalute (e soprattutto il blockchain come meccanismo di validazione di contratti di qualsiasi tipo) hanno potenzialità tecnologiche tali da assicurare loro sopravvivenza e sviluppo nei prossimi decenni. Questo però non esclude (e anzi rende più probabili) incidenti di percorso quasi fatali seguiti da rinascite e nuovi incidenti. Delle società della tecnologia degli anni Novanta ben poche sono ancora in circolazione.

Il resto. I mercati sono in surplace. Fra pochi giorni sapremo se la nuova aliquota fiscale per le società americane entrerà in vigore nel 2018 o nel 2019. Nel grande schema delle cose non cambia nulla, ma per il primo trimestre del prossimo anno fa la differenza tra una partenza in marcato ribasso e una in moderato rialzo.
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