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Fruscii e sussurri

Dati forti e nervi ipersensibili


La seconda narrazione ha invece influenzato le ultime sedute, quando i mercati hanno smesso di usare gli occhi per guardare ai fatti reali e hanno iniziato a tendere le orecchie verso i fruscii e i sussurri provenienti dalla foresta. Pare che la Cina voglia ridurre gli acquisti di Treasuries. Pare che Trump stia per uscire unilateralmente dal Nafta. Pare anche che sia matto. Pare che sia in preparazione una richiesta di impeachment basata sul XXV emendamento (incapacità fisica o mentale). Pare che il grande inquisitore Mueller abbia in mano materiale sufficiente a fare precipitare le cose e si appresti a interrogare Trump. Pare che la Merkel, cento giorni dopo il voto, stia incontrando ostacoli più seri di quello che si pensava nel formare un governo con la Spd. Pare che la Bce voglia indurire la guidance sui tassi già nei prossimi mesi.

Il libretto dell'ExcelsiorE se la Cina compra meno Treasuries i tassi salgono. E se i tassi salgono i multipli azionari si contraggono e le borse scendono. E se si scioglie il Nafta Canada e Messico vanno in recessione, in Messico diventa presidente l'estremista Obrador, le multinazionali scappano a nord del Rio Grande, dove i costi di produzione sono molto più alti, così l'inflazione sale e i profitti scendono. E se Trump viene messo sotto scacco e Washington diventa ingovernabile, la fiducia creata dalla riforma fiscale si dissolve in un attimo. E se la Merkel non ce la fa e si ritorna alle urne rischia di saltare il piano di Macron per l'Europa, che ha tempi stretti e va realizzato prima delle elezioni europee del 2019.

E però la Cina smentisce l'intenzione di comprare meno Treasuries (va bene mandare avvertimenti a Trump, ma perché farsi del male e fare scendere di valore i due trilioni di riserve cinesi investiti in governativi americani?). E se Trump dovesse annunciare il ritiro americano dal Nafta dovrebbe poi farlo approvare dal Congresso (difficile) e aspettare comunque sei mesi per renderlo esecutivo. Sei mesi durante i quali le trattative continuerebbero fino a una molto probabile revisione del trattato, che è il vero obiettivo di Trump.

Quanto all'Europa, il teatro della politica tedesco si prenderà ancora qualche settimana, ma alla fine, quasi sicuramente, avremo un governo che partirà spedito. E per quanto riguarda la Bce, si farà qualche acrobazia linguistica, come a Sintra nel luglio scorso, per dire che si prende atto della crescita forte e migliore del previsto, ma non si cambierà il programma stabilito sul Qe (al massimo verrà indicata come meno probabile la coda dell'ultimo trimestre ipotizzata da Draghi).
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