E se il mondo vuole crescere a tutti i costi, allora crescerà a tutti i costi. Dopo avere superato i tabù monetari nella fase Goldilocks, supereremo in allegria (per ora) i tabù fiscali. La
riforma fiscale repubblicana, dopo un anno di faticosa gestazione,
immette nell'economia 150 miliardi l'anno e attira dure critiche democratiche per il buco di bilancio che va a creare. Poi cosa fanno democratici e repubblicani insieme, dietro le quinte e in pochi giorni? Varano un bilancio per i prossimi due anni che provoca un ulteriore buco di 400 miliardi, 200 all'anno, che va ad aggiungersi all'altro. Nessuno protesta, se non il solito Rand Paul. Una volta che si è imparato a farlo, spendere diventa sempre più facile. Benvenuti in Adventureland, la terra degli esperimenti in cui si prova a vedere cosa succede provando a gettare benzina fiscale in un contesto di pieno impiego.
Crescere a tutti i costi, tuttavia, significa appunto che ci sono dei costi.
L'inflazione americana anno su anno sarà in dicembre molto vicina al tre per cento. C'è molto effetto base, ma non sarà un bel vedere. In questi giorni si è spesso ripetuto che il rialzo dei rendimenti (ovvero il ribasso dei corsi) obbligazionari non è dovuto a un'aspettativa di maggiore inflazione ma a una richiesta di un maggiore tasso reale. Poi, dopo giornate spese a consolarci in questo modo, sono arrivati dati sull'inflazione reale a loro volta in forte crescita. C'è dunque una doppia pressione, sull'inflazione da una parte e sui premi per il rischio di durata e di credito dall'altra. Questa pressione, per il momento, ha riallineato a sufficienza verso il basso i corsi obbligazionari, ma altri riallineamenti avverranno nei prossimi due anni se non ci saranno recessioni o crash di borsa.
Il passaggio da Goldilocks ai fuochi d'artificio comporta la
separazione dei destini dei bond da quelli dell'azionario. Sotto Goldilocks entrambi sono andati bene, nel nuovo regime l'azionario andrà meglio dei bond. Questo non significa, attenzione, che l'azionario salirà per forza perché l'abbassamento dei multipli dovuto al rialzo dei tassi disferà di notte quello che gli utili in crescita avranno tessuto di giorno. Per dirla meglio, l'azionario tenderà a salire nei momenti in cui l'obbligazionario resterà tranquillo, ma dovrà poi tornare a ritracciare nelle fasi di malessere di quest'ultimo.
Adattare all'Europa questo scenario è complicato. Il rialzo dell'euro frenerà l'inflazione, che resterà un fenomeno esclusivamente tedesco (finalmente arriva la rivalutazione interna in Germania), ma i rendimenti dei bond europei saliranno comunque, anche se molto meno che in America, per effetto di un aumento del premio per il rischio globale e per il venir meno degli acquisti della Bce fra sei mesi. Le
borse europee, dal canto loro, avranno a che fare con un
euro forte che rema contro e con utili in crescita più bassa anche in America, ma avranno il sostegno di una minore concorrenza da parte dei bond. Nel complesso, non siamo tra quelli che continuano a favorire l'Europa perché ha multipli più bassi. L'Europa avrà sempre multipli più bassi dell'America finché si tratterà di paragonare un produttore di auto europeo con un tecnologico americano o una fragile banca europea con una solida banca americana.
Venendo al breve termine,
la tempesta dei giorni scorsi è stata riassorbita e tutto ha raggiunto un livello almeno temporaneo di equilibrio. La correzione ha indotto tutti a essere un po' più prudenti, ma non ha provocato una vera paura ed è stata superata con fin troppa scioltezza. Questo significa che ce ne saranno altre nei prossimi mesi, forse meno fulminanti ma comunque fastidiose. In attesa di un nuovo episodio l'azionario continuerà a recuperare, ma più lentamente. L'aumento di volatilità che si può intravvedere non è quello della volatilità spicciola giorno per giorno, ma quello di ondate di
repricing distanziate di settimane o mesi una dall'altra.
Restiamo positivi sull'azionario, ma pensiamo ancora più di prima che per godere davvero di quello che il bull market ci può ancora dare sarà meglio mantenere posizioni strutturalmente più piccole rispetto a quelle degli anni scorsi.
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