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Mercati emergenti

Meno fondamentali, più geopolitica


La Russia offre oggi prezzi molto attraenti su rublo, bond e azioni. È interessante notare come gli Stati Uniti, che ai tempi dell'occupazione russa della Crimea e del concomitante crollo del greggio (2014) speravano in un crollo completo del rublo per spingere i russi contro il governo, twittino oggi con Trump che Russia e Cina non devono nemmeno farsi venire in mente di svalutare. Chi investe deve però tenere nel giusto conto la possibilità di sanzioni ancora più severe, anche se al momento la possibilità che queste vadano a toccare il debito sovrano appare remota.

I problemi di cui abbiamo parlato riguardano per ora solo Iran, Russia e Venezuela. Gli altri paesi emergenti continuano a godere di buonissima stampa finanziaria e hanno effettivamente valutazioni ancora interessanti. Anche nel loro caso, tuttavia, il 2018 sarà migliore del 2019-2020, quando i tassi americani saranno più alti e l'economia globale andrà più piano.

Rispetto a queste preoccupazioni, ora alimentate dalla fine delle ricoperture degli short sui Treasuries e dalla ripresa del ribasso dei corsi, può essere di conforto la scelta di Clarida come numero due della Fed. Clarida è una figura di alto profilo intellettuale e sta a Powell come Fisher stava alla Yellen, di cui è stato il grande consigliere. Teorizza il tasso reale neutrale a zero dal 2014 (per almeno altri tre-cinque anni, ebbe a scrivere allora) e fa pensare a una Fed che si limiterà ad accompagnare l'inflazione, senza introdurre tassi reali positivi ancora, come minimo, per qualche trimestre.

Venendo al breve, assistiamo a una caduta di volatilità (la volatilità è diventata volatile, abituiamoci a questo nuovo mondo). Le borse sono spinte verso l'alto dagli utili, soprattutto in America, ma trattenute dalla riaccelerazione delle aspettative di inflazione, a loro volta dovute in questi ultimi giorni al petrolio. Che, per tornare al tema di oggi, dovrebbe a sua volta sostenere il rublo.
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