È poi ancora più positivo che la
correzione dei mercati coincida con un'esplosione degli utili in America e con un loro comportamento nel complesso buono nel resto del mondo. Attenzione, gli utili in crescita non sono una garanzia di rialzo per le borse (nel 1987 salirono del 37 per cento e Wall Street si produsse lo stesso in un crash memorabile), ma producono una correzione più veloce dei multipli, che hanno così modo di riportarsi su livelli più sostenibili (e più consoni ai tassi più alti) senza che questo comporti un sacrificio eccessivo delle quotazioni.
Degli ingredienti che possono fare pensare a una correzione in via di conclusione ne manca solo uno, ovvero la riduzione significativa delle posizioni. In pratica abbiamo
oggi aspettative più sobrie e perfino un leggero velo di pessimismo incipiente, ma non abbiamo ancora un posizionamento così leggero da rendere necessaria una corsa agli acquisti nel caso il mercato si giri verso l'alto. In mancanza di capitolazione (ovvero di un'ultima ondata di paura improvvisa e profonda) un recupero nei prossimi tre-quattro mesi sarà possibile lo stesso, ma sarà faticoso e asfittico.
Tornando agli aspetti positivi, consideriamo tale, per certi aspetti, il
concentrarsi dell'attenzione sulla recessione prossima ventura. Questa volta non c'è la corsa a predire il quando, ma quella, più umile, a dotarsi di modelli che indichino le probabilità di crescita negativa nei prossimi 12-24 mesi. Al momento, benché in rialzo, queste probabilità non sono molto elevate, ma va ricordato che anche 12 mesi prima del 2000 e del 2008 non lo erano. Quello che consideriamo positivo non è quindi il valore predittivo di questi modelli, ma il fatto che la loro stessa esistenza ci ricorda la mortalità del ciclo economico e ci induce a comportamenti più prudenti.
Detto questo, si può ragionevolmente ipotizzare che la prossima fase (da qui all'inizio dell'autunno) sarà meno stressante di quella che stiamo per lasciarci alle spalle.
Il primo elemento che lo fa pensare è il dollaro, che ha ritrovato una parte della forza perduta. Il
dollaro più forte (che nel prossimo periodo continuerà a essere sostenuto dalla chiusura graduale della grande quantità di posizioni tuttora al ribasso)
modera l'inflazione americana nel momento in cui l'effetto base la amplifica (l'effetto base, in questo caso, è l'inflazione particolarmente bassa di un anno fa a quest'epoca, che fa sembrare ancora più alta l'inflazione attuale anno su anno).
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