A sua volta l'inflazione mantenuta sotto controllo (per quanto in rialzo) modera il ribasso dei corsi obbligazionari, che hanno perso abbastanza terreno da poter fare pensare che i prossimi mesi saranno più laterali che di ulteriore ribasso.
Su questo tema fa piacere vedere,
con Powell, una Fed meno nevrotica rispetto alle gestioni precedenti. Parlando poco, senza mai alzare i toni e, soprattutto, evitando di allarmarsi e correre in soccorso ogni volta che il mercato fa i capricci, questa Fed dà prova di forza e di fiducia nel suo programma, rieducando al tempo stesso il mercato a camminare con le sue gambe.
Una volta stabilizzati dollaro, inflazione e bond anche il mercato azionario avrà più spazio per celebrare gli utili che, a consuntivo del primo trimestre, risultano in America, nel complesso, ancora migliori delle più rosee previsioni.
In pratica, è ben vero che i portafogli medi, in tutto il mondo, hanno perso un po' di valore rispetto all'inizio dell'anno (in qualsiasi valuta siano denominati) ma è anche vero che i
valori sono oggi più equilibrati. A nessuno piace vedere il segno meno nelle performance di periodo, ma bisogna imparare a pesare e valutare non solo il risultato assoluto di un portafoglio, ma anche e soprattutto la sua solidità o la sua vulnerabilità.
La correzione in corso ha creato danni seri solo in porzioni molto circoscritte del mercato, quelle legate alla vendita di volatilità. Per il resto la correzione è stata ben distribuita e razionale. L'alternativa sarebbe stata molto pericolosa. Proseguire il rialzo di gennaio fino ad oggi avrebbe portato a un maggio di realizzi e, sul copione del 1987, a un autunno di crash. Non lamentiamoci troppo.
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