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Altri tempi

Quando fu l'Italia a condonare i debiti tedeschi


Si consideri la storia della repubblica di Weimar, che spesso viene ricordata come un unico e che fu invece divisa in tre fasi completamente diverse tra loro. La prima, da Versailles all'iperinflazione (1919-1923), vide una Troika durissima e coincise non a caso con una serie infinita di tentativi di colpi di mano insurrezionali di destra e di estrema sinistra (questi ultimi con il rischio di una saldatura con la Russia rivoluzionaria che avrebbe cambiato la storia d'Europa). Quando la Reichsbank, seguendo le suggestioni protokeynesiane del cartalismo, provò a lenire le pene della popolazione stremata stampando denaro senza limiti, l'inflazione che ne seguì ridusse ulteriormente la capacità della Germania di servire il suo debito estero.

In un soprassalto di intelligenza la Troika prese atto della situazione e ridusse drasticamente le sue richieste di austerità. Insieme alla fine istantanea dell'iperinflazione questo produsse la seconda fase di Weimar (1924-1929), i luminosi Goldene Zwanziger della ripresa frenetica, dell'estrema vivacità politica e intellettuale e del modernismo radicale che ancora oggi ammiriamo.

La luce si spense però di nuovo dal 1929 al 1933, quando le banche americane chiusero improvvisamente i rubinetti del credito e la Troika ricominciò a martellare la Germania per cercare di estrarne quello che poteva. E così, mentre uno alla volta tutti iniziavano a svalutare per uscire dalla Grande Depressione, alla Germania si impose di mantenere la parità con l'oro, in modo da renderla meno competitiva e rubarle quote di mercato. Per rimanere competitiva a cambio fisso la Germania decise allora una svalutazione interna del 20 per cento, tagliando in pari misura le retribuzioni pubbliche e private, le pensioni e i servizi sociali. Poiché nessun partito volle prendere la responsabilità di queste misure, Hindenburg chiamò il tecnico Brüning e formò un governo del presidente che, avendo zero voti al Reichstag, governò esclusivamente per decreto.

E qui veniamo al secondo punto che la memoria storica tedesca cerca di dimenticare, l'inflazione male relativo e la deflazione male assoluto. La Germania ricorda ossessivamente a se stessa e al mondo l'iperinflazione del 1923 e con questa cerca di giustificare il suo sadomasochismo monetario e fiscale di oggi. Fa quasi capire che Hitler arrivò al potere per colpa dell'inflazione, quando i nazisti nelle due elezioni del 1924, con la ricchezza finanziaria completamente distrutta, si fermarono al 3 per cento (mentre i partiti di sistema furono largamente confermati) e scesero addirittura al 2 per cento nel 1928. I nazisti esplosero invece sotto l'austerità di Brüning e si presero il Reichstag nel 1933. Mentre l'inflazione aveva colpito a morte i creditori ma aveva almeno fatto un enorme favore ai debitori (chi aveva un mutuo si trovò la casa regalata), la deflazione aveva colpito ricchi e poveri, industriali e operai, banche e depositanti.
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